VOCOLOGIA: la scienza della voce

Il termine “vocologia” è stato impiegato pubblicamente per la prima volta nel 1989 da George Gates, otorinolaringoiatra dell’Università di Washington, in occasione della Pacific Voice Conference di San Francisco, facendo riferimento al libro di Ingo Titze intitolato appunto Vocology: the Science and Practice of Voice Habilitation (Vocologia: la Scienza e la Pratica dell’Abilitazione Vocale).  In effetti la paternità del termine è da tributare a Ingo Titze, PhD, scienziato della voce, direttore del National Center for Voice and Speech presso l’università di Utah – Salt Lake City.
La prima rivista scientifica a riportare il termine “vocologia” nel titolo fu Logopedics Phoniatrics Vocology, dal 1997. L’anno seguente Katherine Verdolini Abbott, PhD, cantante e scienziata della voce presso l’Università di Pittsburgh, pubblicò sulla citata rivista l’articolo Guida alla Vocologia, che pose le basi per una concettualizzazione della disciplina.
Come suggerisce Ingo Titze, in senso lato “vocologia” indica la scienza che si occupa dello studio della voce. Va da sé che lo studio della voce – a maggior ragione se con approccio scientifico  – è una disciplina tutt’altro che semplice, soprattutto se pensiamo alla definizione che viene data al fenomeno voce da Oskar Schindler: “la voce si può definire come una sonorità (suono, rumore o entrambi) prodotta direttamente o indirettamente dal corpo umano con valenza informativa o comunicativa”.
In quanto disciplina professionale, la vocologia viene descritta da Titze come la scienza e la pratica dell’abilitazione vocale, che include interventi di tipo valutativo, diagnostico e comportamentale. Si può notare che, in questa definizione, viene posta enfasi sul concetto dell’abilitazione piuttosto che su quello dell’insegnamento, della riabilitazione o della terapia (sia essa medica o chirurgica).  “Abilitare” significa rendere capace di; mettere qualcuno nelle condizioni di; consentire di. L’abilitazione vocale rappresenta quindi un concetto più ampio rispetto al riparare una voce o riportare una voce patologica ad una condizione primitiva; implica il processo di potenziamento e rafforzamento di una voce, volto al raggiungimento di specifici bisogni del professionista vocale (siano essi nell’ambito del canto, della recitazione o della tecnica oratoria).
Come si può intendere da quanto sopra esposto, negli USA la vocologia ha acquisito probabilmente una connotazione diversa rispetto a quella che ha attualmente nel nostro paese. Essa viene infatti riconosciuta come disciplina a sé stante, facente parte dell’insieme più vasto delle “communication sciences”, che includono per altro la foniatria, la logopedia e l’otorinolaringoiatria.
In Italia invece la vocologia rappresenta una super-specializzazione che, come suggeriscono Franco Fussi e Silvia Magnani, circostanzia e fornisce competenze alle figure professionali che si occupano della cura e abilitazione della voce professionale ed artistica, combinando e favorendo il dialogo tra  discipline mediche (foniatria, otorinolaringoiatria, logopedia etc.) con discipline non propriamente mediche, quali la pedagogia vocale nel canto, nella dizione, nella voce attoriale e nell’oratoria in genere. La vocologia non è una laurea né un diploma, vale a dire che il titolo non connota una figura professionale, ma attribuisce una competenza, indipendentemente dalla professione di base (medico, logopedista, maestro di canto etc.). E’ quindi un titolo con valenza integrativa, non qualificante.
In questa prospettiva, il vocologo (o esperto in vocologia) è un professionista che ha acquisito particolare competenza in campo vocale tramite un percorso di studio formalmente riconosciuto e che utilizza tale competenza all’interno del proprio campo professionale.  Al fine di evitare fraintendimenti, il termine andrebbe impiegato solamente da soggetti formati e accreditati presso corsi universitari riconosciuti e andrebbe associato all’esplicitazione formale del titolo della propria figura professionale.
Articolo pubblicato in data 18.01.2016 – http://vocologicamente.blogspot.com
Fonti:
  • Titze I, Abbott KV. Vocology – The Science and Practice of Voice Habilitation. National Center for Voice and Speech editore, 2012.
  • Schindler O. La Voce – fisiologia, patologia, clinica e terapia.  Piccin editore, 2009.
  • Fussi F, Magnani S. Le competenze e i limiti delle figure professionali che si occupano di voce artistica: norme deontologiche. Atti dell’VIII Corso Internazionale di Foniatria e Logopedia La Voce Artistica, 2011.

I REGISTRI VOCALI: dalla concezione storica alla nozione dei meccanismi laringei

STORIA ED EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI REGISTRO VOCALE

Il termine registro in riferimento alla voce è stato impiegato per la prima volta nel XIII secolo [i], adottato dalla terminologia relativa all’organistica [ii].  Fino al XIX secolo risultava assai difficile lo studio della fisiologia vocale, in quanto non esistevano molte delle tecnologie di cui disponiamo oggi. Essenzialmente le conoscenze di fisiologia fonatoria si basavano sullo studio della laringe tramite specchietti laringei (figura 1).

Uno dei primi studiosi ad analizzare con sguardo scientifico i registri vocali fu il celebre Manuel Garcia, il quale definì il registro vocale come segue: “attraverso la parola registro noi intendiamo una serie di toni consecutivi e omogenei che vanno dal più grave al più acuto, prodotti attraverso lo stesso principio meccanico, e la cui natura differisce essenzialmente da un’altra serie di toni ugualmente consecutivi e omogenei prodotti da un altro principio meccanico. Tutti i toni che appartengono allo stesso registro sono di conseguenza della stessa natura, a prescindere dalle variazioni di timbro e forza alle quali uno li sottoponga”[iii].

Figura 1. Manuel Garcia

Garcia aveva descritto tre fondamentali registri: voce di petto, falsetto e voce di testa. Per ognuno di essi aveva identificato – per la voce maschile e per la voce femminile – un range frequenziale ben definito.

Nel 1884 gli autori Emil Behnke (chirurgo) e Leenox Browne (insegnante di canto) definirono similmente i registri come una serie di toni che vengono prodotti con lo stesso meccanismo. Descrissero un registro “spesso” (thick register), diviso a sua volta in lower-thick and upper-thick; un registro “sottile” (thin register) e – solo per le voci femminili – un registro “piccolo” (small register)[iv].

All’inizio del XX secolo buona parte degli insegnanti di canto e degli scienziati della voce concordava sul fatto che esistesse un numero di registri compreso tra 2 e 5. In questo periodo il termine meccanismo venne spesso usato come sinonimo di registro. Per esempio John Wilcox parlò di meccanismo pesante (heavy mechanism) e meccanismo leggero (light mechanism)[v].

Nel 1963 un gruppo di studio svedese pubblicò un lavoro di analisi della terminologia riguardante i registri vocali nei vari paesi europei. Gli autori raggrupparono i vari termini sotto 5 insiemi, che corrispondevano essenzialmente a strohbassregistro di pettoregistro mistovoce di testa e fischio. Essi conclusero che l’unico sicuro comune denominatore dei registri era rappresentato dal range frequenziale su una scala musicale[vi].

Negli stessi anni iniziarono ad essere studiate le laringi escisse di cadavere e si riuscirono a riprodurre i registri e i passaggi di registro semplicemente variando la tensione muscolare e la pressione sottoglottica[vii].

Nel 1967 William Vennard descrisse per la prima volta nel libro Singing: The Mechanism and Technic la corrispondenza tra un determinato registro e reperti di imaging endoscopico laringeo. Egli mostrò che nel meccanismo pesante le corde vocali vibravano per tutta la lunghezza e a tutto spessore; nel meccanismo leggero vibravano solamente a livello del bordo libero e a volte non in tutta la lunghezza (figura 2, 3) [viii].

Figura 2. Meccanismo pesante [viii].
Figura 3. Meccanismo leggero [viii].

Nel 1970 il team di ricerca del chirurgo M. Hirano analizzò l’attività elettromiografica di una serie di muscoli (cricotiroideo, vocale e cricoaritenoideo laterale) durante l’emissione cantata, dimostrando una diversa attività muscolare a seconda del registro (figura 4) [ix].

Figura 4. Attività dei muscoli cricotiroideo, cricoaritenoideo laterale e vocale
per diversi registri [ix].

Nel 1974 lo scienziato della voce H. Hollien pubblicò un articolo nel quale si proponeva una nuova definizione di registro vocale, considerato come una serie di frequenze emesse consecutivamente e aventi una qualità vocale praticamente identica [x]. Si affermava altresì che un registro vocale è da considerarsi un evento completamente laringeo. Hollien propose una nuova ed “incontaminata” terminologia per i registri vocali, che egli definì come:

  • Pulse (strohbass, vocal fry)
  • Modal (chest)
  • Loft (head o falsetto)
  • Flute (whistle).

Alla fine degli anni ’70 l’organizzazione medica internazionale Collegium Medicorum Theatri (CoMeT) fondò un Comitato Internazionale sui Registri Vocali con a capo il Dr. Hollien. Il comitato comprendeva più figure professionali tra cui otorinolaringoiatri, scienziati della voce e insegnanti di canto e aveva l’incarico di trovare una definizione univoce dei registri vocali da un punto di vista percettivo, fisiologico ed acustico.  In una conferenza del 1983 tenutasi a Stoccolma [xi]  il comitato arrivò ad una serie di conclusioni, qui presentate sinteticamente:

  • I registri esistono e devono essere riconosciuti come entità.
  • C’è una differenza in termini di registri tra voce parlata e voce cantata.
  • Non si possono eliminare le differenze di registro da una voce umana ma si può imparare ad “addolcire” i passaggi di registro.
  • La maggior parte dei membri del comitato fu d’accordo sul fatto che la sorgente dei registri probabilmente è rappresentata in parte dalla laringe e in parte dal vocal tract. Una minoranza del comitato ipotizzò invece che la sorgente dei registri vocali fosse esclusivamente laringea.
  • Riguardo alla terminologia relativa ai registri, il comitato mise in discussione l’appropriatezza scientifica di termini come “voce di testa” e “voce di petto”. Queste storiche denominazioni prevedevano infatti l’identificazione del registro con le sensazioni vibratorie corporee del cantante. E’ vero che esistono sensazioni vibratorie di consonanza nella pratica del canto, ma esse non possono essere considerate come connotanti un determinato registro vocale. Le caratteristiche che definiscono un registro dovrebbero essere fenomeni di natura fisico-acustica (alla base delle sensazioni vibratorie di cui sopra). Il comitato concordò sul fatto che si doveva trovare una nuova terminologia per i registri, scevra dai retaggi etimologici del passato. Si suggerì di numerare i registri come segue: #1: il più grave dei registri (corrispondente al pulse, vocal fry etc.); #2: registro più usato nel parlato e nel cantato (modale, voce di petto, meccanismo pesante etc.); #3: registro acuto impiegato essenzialmente nel canto (falsetto, voce di testa, meccanismo leggero etc.) #4: registro molto acuto rilevato soprattutto nelle donne e nei bambini (fischio laringeo).

Nonostante gli sforzi della comunità scientifica vocologica per trovare un accordo, quello sui registri è rimasto a lungo un dibattito aperto. Infatti, ancora negli anni ’90, mentre alcuni autori definivano i registri  basandosi sulle caratteristiche della qualità vocale:  “Il termine registro è stato usato per descrivere percettivamente regioni distinte di qualità vocale che può essere mantenuta costante entro determinati range frequenziali e di intensità”[xii]; altri iniziavano a descriverli in base al meccanismo laringeo sottostante: “il registro vocale è un set o range di suoni in serie che risultano percettivamente simili e vengono prodotti da pattern vibratori cordali simili”[xiii].

Nel 2000 D. G. Miller definì due possibili approcci nella definizione dei registri, i quali possono essere considerati sia come entità di esclusiva pertinenza laringea, sia come entità derivanti non solo dalla sorgente, ma anche dall’attività del vocal tract.

Se si ripercorre schematicamente l’evoluzione della concezione di registro da Garcia a Miller, si apprezza che, nonostante gli sforzi, in quasi due secoli non si è raggiunto un reale consenso al riguardo.

Figura 5. l’evoluzione del concetto di registro dal 1840 al 2000.

I MECCANISMI LARINGEI: LA RIVISITAZIONE DEL CONCETTO DI REGISTRO
La ricerca scientifica nell’ambito dei registri vocali ha conosciuto una vera e propria svolta nel 2007 quando un gruppo di studio francese ha analizzato per la prima volta il fenomeno dei registri (e delle transizioni di registro) affiancando alle indagini acustiche ed endoscopiche, l’analisi elettroglottografica dell’attività della sorgente, dimostrando l’esistenza di 4 meccanismi vibratori laringei che sottostanno alle differenze percettive ricondotte storicamente ai registri vocali [xiv].

Figura 6. spettrogramma di un glissando e relativi meccanismi laringei
(da  Roubeau et al.[xiv])

Analizzando il sonogramma di un glissando eseguito da un soprano senza porre attenzione all’estetica del suono, ma semplicemente muovendosi lentamente da un estremo all’altro dell’estensione vocale, si osserva che esistono quattro aree distinte, con caratteristiche spettrografiche diverse ed intervallate da punti di passaggio in corrispondenza dei quali si apprezzano “salti” frequenziali (figura 6). Il grande merito degli scienziati francesi è stato quello di dimostrare che le quattro aree poste in evidenza, oltre ad avere caratteristiche acustiche, endoscopiche e percettive differenti, corrispondono a pattern elettroglottografici caratteristici. Vale a dire che ad essi corrispondono i seguenti quattro meccanismi laringei vibratori:

Meccanismo 0 (M0): consente la produzione dei suoni più gravi nel range frequenziale. Esso si caratterizza endoscopicamente per avere le pliche vocali molto accorciate, spesse e lasse. All’EGG la fase di contatto risulta molto lunga rispetto al ciclo vibratorio cordale. I cicli vibratori cordali possono essere periodici a basse frequenze (intorno ai 70Hz), possono presentare periodicità multipla (coppie o triplette di cicli che si ripetono) oppure possono presentare impulsi glottici totalmente aperiodici (figura 7).

Figura 7. Caratteristiche elettroglottografiche dell’M0
in un baritono e un mezzo soprano (da  Roubeau et al.[xiv])

Meccanismo 1 (M1): è il meccanismo più utilizzato nella voce parlata, ma è molto impiegato anche nel canto, sia dai maschi che dalle femmine. Endoscopicamente si può apprezzare una vibrazione cordale a tutto spessore, alla quale partecipano anche gli strati tissutali profondi. All’EGG il segnale risulta macroscopicamente ampio e tipicamente asimmetrico. Il ciclo vibratorio glottico presenta una fase di chiusura brusca e ha un quoziente di apertura (definito come il rapporto tra la durata di apertura delle corde vocali rispetto alla durata dell’intero ciclo glottico) compreso tra 0.3 e 0.8. Nel meccanismo 1 il quoziente di apertura è influenzato dall’intensità del suono.

Meccanismo 2 (M2): in questo caso la corda non vibra a tutto spessore, ma solo nella componente più superficiale. Il segnale elettroglottografico risulta macroscopicamente meno ampio e più simmetrico rispetto a quello del meccanismo 1. Il quoziente di apertura è sempre maggiore di 0.5 ed è influenzato dalla frequenza fondamentale del suono. In generale, per suoni con la stessa frequenza, un M1 presenta quozienti di apertura minori rispetto ad un meccanismo 2. In altre parole, l’M1 prevede una fase di contatto cordale mediamente più lunga rispetto ad un M2 a parità di frequenza. Anche dal punto di vista spettrografico l’M2 differisce dall’M1 in quanto si caratterizza per una minore ricchezza armonica (figura 8-9).

Figura 8. Caratteristiche elettroglottografiche di M1 ed M2
(da  Roubeau et al.[xiv]).
Figura 9. Spettrogramma, intensità e quoziente di apertura di M1 ed M2
(da  Roubeau et al.[xiv])

Meccanismo 3 (M3): è un meccanismo che consente di raggiungere frequenze anche molto elevate (1000-1400 Hz). Endoscopicamente le corde vocali sono estremamente tese e sottili. Spesso il contatto cordale manca e il suono viene emesso tramite un meccanismo “ad ancia”. Quando il contatto cordale – seppur minimo – è rilevabile, l’EGG mostra un segnale macroscopicamente molto simmetrico e di piccola ampiezza (analogo a quello dell’M2, vedi figura 10).

Figura 10. Caratteristiche elettroglottografiche di M3
(da  Roubeau et al.[xiv])

Il passaggio di registro è il punto critico in cui le corde acquisiscono improvvisamente un altro tipo di meccanismo vibratorio. Esso si accompagna  – nella voce “non esperta” –  ad un salto frequenziale che lo enfatizza. Questo fenomeno spesso non si verifica nei cantanti allenati, i quali sono in grado di mascherare abilmente il passaggio di registro. Parliamo di “mascheramento” del passaggio di registro perché di fatto esso esiste e non si può evitare: anche quando il performer addolcisce il passaggio di registro, le rilevazioni elettroglottografiche testimoniano che il passaggio avviene comunque  (e avviene bruscamente).

Una conseguenza molto importante delle esposte evidenze scientifiche è rappresentata dalla ricaduta pratica che esse hanno in ambito terminologico.  Oggi è possibile raggruppare la terminologia estremamente varia (e a volte confusa) relativa ai registri vocali al di sotto dei quattro meccanismi laringei descritti:

MECCANISMI

M0

M1 M2 M3
Nomenclatura
storica
dei registri
Vocal fry

Pulse

Strohbass

Voce di petto

Chest voice

Meccanismo pesante

Modale

Voce di testa

Head Voice

Meccanismo leggero

Falsetto

Fischio laringeo

Whistle

Flageolet

Sebbene alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche i registri vocali propriamente detti possano essere considerati semplicemente in relazione all’attività della sorgente laringea, di fatto nel canto non si può non considerare la grande importanza che riveste il vocal tract nel determinare variazioni timbrico-risonanziali. Nuove prospettive nella comprensione del rapporto tra meccanismi vocali e variazioni risonanziali consisterà nello studio, tramite tecniche di imaging non invasive come la risonanza magnetica funzionale, del ruolo rivestito dal vocal tract nella voce cantata in relazione ai registri e alla miscela di essi, come avviene per esempio nel caso della cosiddetta voce mista, molto sfruttata in ambito artistico.

 

 

 

Articolo pubblicato in data 21.02.2016  – http://vocologicamente.blogspot.com

 

Bibliografia

[i] Duey, P. (1951).  Bel Canto in Its Golden Age.  New York: King’s Crown Press.

[ii] Merkel, C. (1863).  Anatomie und Physiologie des menschlichen Stimm- und Sprachorgans.  Leipzig: Abel.

[iii] Garcia M. (1840). Memoire sur la Voix Humaine. Parigi, Duverger.

[iv] Browne, L., & Behnke, E. (1884).  Voice, Song, Speech.  New York: Putnam.

[v] Wilcox, J. (1935).  The Living Voice.  New York: Carl Fischer.

[vi] Mörner, M., Fransesson, N., & Fant, G. (1964).  Voice register terminology and standard pitch.  Speech Transmission Laboratory Quarterly Status Progress Report, 4, 12-15.

[vii] Svec JG, Schutte HK, Miller DG. On pitch jumps between chest and falsetto registers in voice: data from living and excised human larynges. J Acoust Soc Am. 1999 Sep;106(3 Pt 1):1523-31.

[viii] Vennard, W. (1967).  Singing: The Mechanism and Technic.  New York: Carl Fischer.

[ix] Hirano, M., Vennard, W., & Ohala, J. (1970).  Regulation of register, pitch, and intensity of voice: An electromyographic investigation of intrinsic laryngeal muscles.  Folia Phoniatrica, 22, 1-20.

[x] Hollien, H. (1974).  On vocal registers.  Journal of Phonetics, 2,125-143.

[xi] Hollien, H. (1985). Report on vocal registers.  Proceedings of the Stockholm Music Acoustics Conference, 1, 27-35.

[xii] Titze, IR. Principles of Voice Production, 1994.

[xiii] Sakakibara K-I. Production mechanism of vocie quality in singing. Journal of the Phonetic Society of Japan, 2003.

[xiv] Roubeau B, Henrich N, Castellengo M. Laryngeal vibratory mechanisms: the notion of vocal register revisited. J Voice. 2009 Jul;23(4):425-38.

LA VOCE MISTA: un meccanismo “fantasma”?

A cosa ci riferiamo quando parliamo di voce mista?

La voce mista o mix voice è una modalità di emissione vocale che di fatto “mixa” le caratteristiche timbriche dei meccanismi M1 (voce piena/chest voice/heavy mechanism) ed M2 (falsetto/head voice/light mechanism) ed è molto usata in ambito artistico, per esempio ai fini di rendere omogenea la timbrica dei registri vocali attorno all’area del passaggio di registro.

Storicamente, uno dei primi tentativi di definizione fisiologica di voce mista di cui abbiamo testimonianza risale alla conferenza del Collegium Medicorum Theatri (CoMeT) del 1983 [1]. In tale occasione furono codificati quattro registri (#1; #2; #3; #4, gli “antenati” degli attuali M0, M1, M2 ed M3), ma venne anche posta attenzione ad un ulteriore registro, definito #2A, citato da molti insegnanti di canto e definito voce mista. Esso venne posto tra #2 e #3 e, sebbene fosse difficile da descrivere e dimostrare empiricamente, venne considerato non trascurabile data la sua notevole diffusione negli ambienti della voce artistica e della didattica canora.

Con la rivisitazione del concetto di registro e la definizione dei meccanismi vocali (M0, M1, M2 ed M3) [2], si è riaperto il dibattito circa la natura della voce mista alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche. In particolare ci si è chiesti se la voce mista potesse essere considerata un meccanismo laringeo a sé stante o se implicasse semplicemente – a parità di meccanismo – l’aggiustamento dell’attività delle cavità di risonanza e della sorgente al fine di ottenere variazioni timbriche desiderate.

Grazie all’elettroglottografia oggi è possibile indagare le modalità di emissione vocale di un cantante lungo tutta l’estensione, considerando separatamente i range (frequenziali e di intensità) dei suoni emessi in M1 (voce piena) e in M2 (falsetto). Se si esegue il fonetogramma di una voce cantata considerando la completa estensione dell’M1 e dell’M2, si ottengono due aree che presentano una parziale sovrapposizione. Ciò significa che ogni voce ha la possibilità di emettere un certo numero di note (a varie intensità) in modalità M1 o M2, indifferentemente (figura 1).

Figura 1.  Rappresentazioni fonetografiche medie
per uomini e donne in M1 ed M2.
Vengono evidenziate le aree di sovrapposizione (da Roubeau et al. [2]).

Dalle analisi di fonetogrammi condotti su cantanti maschi e femmine si osserva che l’area M1 è mediamente maggiore per gli uomini, mentre l’area M2 è mediamente maggiore per le donne. Tuttavia l’area di sovrapposizione di M1 ed M2 è simile per ampiezza e range frequenziale per entrambi i generi (figura 2) [3].

Figura 2. Range dinamico medio di M1 ed M2 in uomini e donne.
Si osserva che nelle donne tende a prevalere il range dinamico dell’M2,
nell’uomo è più ampio il range dinamico di M1.
Tuttavia l’area di sovrapposizione M1-M2 è simile nei due generi
(da Castellengo et al [3])
Figura 3. Area media di sovrapposizione fonetografica tra M1 ed M2
negli uomini e nelle donne [4].

In figura 3 si può osservare l’area fonetografica comune ai meccanismi 1 e 2 nei due generi. Essa rappresenta l’area dalla quale può prendere origine la voce mista. In base a quanto affermato, i suoni “misti” potrebbero quindi essere prodotti sia in M1 (mix1) che in M2 (mix 2), risultando a volte molto difficili da discriminare. Il cantante esperto infatti è in grado di emettere suoni mix1 che mimano suoni M2 e suoni mix2 che mimano suoni M1. Tuttavia con l’ausilio dell’elettroglottografia è possibile  definire con certezza di quale meccanismo sia figlio il suono misto in questione. Si può dunque affermare con ragionevole sicurezza che esistono due misti: un mix 1, che viene prodotto nell’area fonetrografica di sovrapposizione M1-M2 a partire da un M1, e un mix 2, che viene prodotto nell’area di sovrapposizione fonetografica M1-M2 a partire da un M2 (figura 4).

Figura 4. Area di sovrapposizione M1-M2 in un controtenore
e aree fonetografiche relative a mix1 e mix2 (da Lamesch et al [5]).

Ma che differenza c’è tra suoni mix1 e suoni mix2? Se si chiede ad un cantante esperto di emettere suoni alla stessa frequenza in mix1 e in mix2, si osserva che il suono mix2 tende ad avere un’intensità minore.  Ci sono anche, per quanto abile possa il cantante, talune differenze timbriche tra suoni mix1 e suoni mix2, con una maggiore ricchezza armonica, soprattutto nella finestra 4-8KHz, dei suoni mix1.

Come dimostrato da Lamesch et al. [5] se si chiede ad un cantante (nel caso dello studio in questione un esperto controtenore) di produrre suoni misti a partire da un M1 (mix1), si osserva che il cantante riduce l’intensità di circa 4 dB ed è in grado di “detimbrare” il suono nella finestra frequenziale 6-8kHz (figura 5). Al contrario, se si chiede di produrre un suono misto a partire da un M2 (mix2), si osserva che il cantante incrementa l’intensità di circa 3,5 dB e rinforza gli armonici tra i 6-8kHz nello spettro di potenza (figura 6). La grande abilità del performer consente di portare i suoni misti a raggiungere un quasi totale “mimetismo acustico” con i suoni del meccanismo al quale si vuole avvicinare.

Figura 5. Profilo spettrale di voce mix1
e confronto con M1 (blu) ed M2 (rosa)
(da Lamesch et al. [5])
Figura 6. Profilo spettrale di voce mix2
e confronto con M1 (blu) ed M2 (rosa)
(da Lamesch et al. [5])

Dalle evidenze attualmente disponibili sull’argomento, si può concludere che la voce mista non sembrerebbe rappresentare un meccanismo laringeo a sé stante, bensì una modalità di emissione vocale che, a partire da un meccanismo laringeo definito (M1 o M2) e – verosimilmente – attraverso fini modificazioni d’assetto della sorgente e del vocal tract, consente di ottenere suoni percettivamente intermedi tra i due meccanismi o simili all’altro meccanismo (mix1 che mima un M2, mix2 che mima un M1). Si può quindi affermare che esistono due registri misti: mix1 e mix2, a seconda del meccanismo laringeo da cui essi originano. Prospettive future potrebbero consistere nello studio delle – sino ad ora ipotetiche – modificazioni della sorgente e del vocal tract messe in atto dai cantanti per ottenere suoni misti di varia natura attraverso tecniche di indagine come l’endoscopia high-speed e la risonanza magnetica funzionale.

 

Di seguito due esempi artistici di voce mista. Nel primo video, il legit di Micheal Crawford ci permette di apprezzare un’abile gestione del mix, in particolare del mix1. Nel secondo video, l’interpretazione di Perdere l’amore di Lara Fabian ci permette di apprezzare la maestria con cui viene gestita l’alternanza mix2/M1 in alcuni passaggi del ritornello.

 

Michael Crawford – Music of the Night – The Phantom of the Opera

 

Lara Fabian – Perdere l’amore (Massimo Ranieri)

 

Articolo  pubblicato in data  31.01.2016  – http://vocologicamente.blogspot.com/p/la-voce-mista-un-meccanismo-fantasma.html

 

BIBLIOGRAFIA

[1] Hollien, H. (1985). Report on vocal registers.  Proceedings of the Stockholm Music Acoustics Conference, 1, 27-35.

[2] Roubeau B, Henrich N, Castellengo M. Laryngeal vibratory mechanisms: the notion of vocal register revisited. J Voice. 2009 Jul;23(4):425-38.

[3]  Castellengo M, Chuberre B, Henrich N. Is Voix Mixte, the Vocal Technique Used to Smoothe the Transition across the two Main Laryngeal Mechanisms, an Independent Mechanism? Proceedings of the International Symposium on Musical Acoustics, March 31st to April 3rd 2004 (ISMA2004), NARA, Japan

[4] Castellengo M. Registri vocali e meccanismi laringei: la “voce mista”. Atti del X Corso Internazionale di Foniatria e Logopedia La Voce Artistica. 29 oct-1nov 2015, Ravenna, Italy.

[5] Lamesch S, Expert R, Castellengo M, Henrich N, Chuberre B. Investigating voix mixte: A scientific challenge towards a renewed vocal pedagogy. 3rd Conference on Interdiciplinary Musicology, CIM07, Aug 2007, Tallinn, Estonia.

ESERCIZI A VOCAL TRACT SEMI-OCCLUSO: principi e applicazioni

Gli esercizi a vocal tract semi-occluso o SOVTE (Semi Occluded Vocal Tract Exercises) sono esercizi di riscaldamento vocale che si basano sulla parziale occlusione del vocal tract durante la fonazione. Sono impiegati da molto tempo in tutto il mondo come approcci volti a ridurre la tensione eccessiva del tratto vocale e a migliorare la qualità risonanziale della voce. Inizialmente sono stati sfruttati da cantanti e professionisti della voce come esercizi di riscaldamento; più recentemente hanno iniziato ad essere inseriti in approcci riabilitativi logopedici. Essi hanno come principio comune una riduzione dell’area coronale del vocal tract nella sua parte distale (in corrispondenza o vicino alle labbra) che determina un incremento di impedenza acustica del vocal tract. In fisica, l’impedenza acustica è la grandezza che descrive come un fluido si oppone al passaggio delle onde sonore. L’impedenza non è sinonimo di resistenza, infatti è descritta dalla formula:

Z = R + iX

in cui R rappresenta la resistenza e X la reattanza. A differenza della resistenza, la reattanza è una grandezza che descrive la capacità di un sistema di immagazzinare energia sotto forma di energia inerziale che può essere reimmessa nel sistema stesso (per cui si parla di reattanza inertiva). L’impedenza acustica descrive quindi la resistenza e la reattanza del mezzo attraversato dalle onde sonore. In questo senso si può affermare che il complesso sorgente vocale + vocal tract rappresenti un sistema non lineare, in cui esistono forti interazioni di feedback tra la sorgente e il filtro, in grado di influenzarsi reciprocamente.

L’aumento di impedenza nel vocal tract si accompagna ad un incremento della pressione sopraglottica e ad una riduzione della pressione transglottica (rappresentata dalla differenza tra la pressione sotto e sopraglottica).  La bassa pressione transglottica garantisce una produzione vocale economica dal punto di vista del carico di lavoro sulle corde vocali e al tempo stesso favorisce la comparsa di forti feedback vibratori lungo il vocal tract. L’impedenza acustica è quindi un elemento molto importante ai fini della produzione vocale: se l’impedenza aumenta eccessivamente la pressione sopraglottica eguaglia la pressione sottoglottica e la vibrazione cordale cessa; tuttavia un incremento di impedenza acustica nel vocal tract tale da garantire una pressione transglottica sufficientemente bassa risulta benefico in termini di economia ed efficienza vocale. In base a quanto esposto, si può ipotizzare che l’applicazione dei SOVTE aiuti a raggiungere una produzione vocale economica ed efficiente (massimo risultato con minimo sforzo)[1].

MODIFICAZIONI FISICO-ACUSTICHE PROMOSSE DAI SOVTE

I SOVTE esplicano le loro funzioni agendo a vari livelli e determinando cambiamenti di natura aerodinamica, vibratoria ed acustica nell’organo vocale[2] [3][4][5][6][7].
Titze ha teorizzato le ragioni per cui un aumento di impedenza (in particolare di reattanza) del vocal tract possa risultare benefico ai fini della produzione vocale [8], influenzando la funzione della sorgente sonora  a due livelli:
1. Interazioni di natura acustico-aerodinamica: l’impedenza nel vocal tract influenza le caratteristiche (ampiezza e contenuto armonico) del flusso glottico e dell’onda sonora. La fonazione che avviene con F0 vicina F1 garantisce una riduzione del flusso glottico ma allo stesso tempo una produzione vocale ricca in armonici. L’incremento di impedenza nel vocal tract ottenibile con i SOVTE favorirebbe un decremento della frequenza della prima formante e faciliterebbe la produzione di una frequenza fondamentale (F0) vicina ad F1, permettendo all’esecutore di sperimentare  una produzione vocale più economica in termini di lavoro ma allo stesso tempo efficiente dal punto di vista della ricchezza armonica [2] [6]. La relazione favorevole di vicinanza tra F0 ed F1 è stata descritta in molti studi [9] [10] [11] [12] [13], tra cui studi di analisi di SOVTE [14] [15] [16] [17].
2. Interazioni di natura meccano-acustica: la pressione nel vocal tract influenza le caratteristiche vibratorie cordali. È stato dimostrato che la pressione di soglia fonatoria o phonatory threshold pressure (PTP) – che rappresenta la minore pressione sottoglottica richiesta per innescare la vibrazione cordale – può essere ridotta incrementando l’impedenza del vocal tract [18] [19] . La PTP tende ad aumentare dopo un eccessivo uso vocale [20] e a volte dopo esercizi vocali sostenuti ad alte frequenze [21]. La riduzione del PTP al contrario facilita l’onset vocale e riduce il carico di lavoro sulle corde vocali [22]. Una bassa PTP garantisce inoltre un più ampio range di valori di pressione sottoglottica sfruttabili ai fini della fonazione.  I SOVTE promuovono quindi variazioni dei pattern vibratori cordali favorendo una minore richiesta di lavoro muscolare a parità di output vocale, garantendo così un incremento dell’economia vocale[23].

TIPI DI ESERCIZI A VOCAL TRACT SEMI-OCCLUSO

Esistono molti tipi di esercizi caratterizzati dalla parziale occlusione del vocal tract. Alcuni di essi possono essere eseguiti autonomamente, altri richiedono l’ausilio di particolari dispositivi meccanici.
I primi annoverano alcuni tra gli esercizi vocali di più ampia diffusione, come i trilli linguali, i trilli labiali, le fricative bilabiali [β:], gli hummings e i suoni nasalizzati, ma anche i finger kazoo (fonazione a labbra protruse e poggiate contro il dito indice che funge da elemento resistivo), i finger-trills (esercizi in cui il trillo è ottenuto con un dito che si muove ritmicamente tra le labbra) e la mano contro la bocca (che crea una sorta di camera di resistenza).
Tra i secondi, alcuni dei più noti sono rappresentati dagli esercizi vocali con i tubi di risonanza (resonance tubes) e la variante LaxVox, gli esercizi con le cannucce (flow resistance straws) o con le mascherine da ventilazione.
I tubi di risonanza rappresentano una tecnica Finlandese nata negli anni ’60, proposta da Antti Sovijarvi dell’Università di Helsinki. Tale tecnica prevede l’impiego di tubi di vetro di lunghezza e diametro variabile, la cui estremità prossimale viene tenuta tra le labbra, mentre l’estremità distale può essere tenuta libera in aria o sotto la superficie dell’acqua contenuta in un bicchiere o in una bottiglia [24]. Similmente, la variante LaxVox prevede l’impiego di tubi di silicone la cui estremità distale è tenuta sotto il livello dell’acqua [25] (Link 2). La tecnica della fonazione con le cannucce è stata proposta da Ingo Titze dell’Università dell’Utah (Salt Lake City) [22] [32] e prevede l’esecuzione di esercizi vocali con comuni cannucce (di diametro e lunghezze variabili) tenute tra le labbra (Link 1).
Link 1: Ingo Titze dimostra la modalità di impiego delle cannucce nel riscaldamento vocale
Link 2: tecnica Lax Vox
L’impiego della mascherina è stato proposto da Alfonso Borragan Torre (Centro di Foniatria e Logopedia, Santander), e prevede la fonazione all’interno di una maschera facciale da ventilazione posta sul volto, il cui raccordo viene occluso con il palmo della mano (Figura 1).
Tutti gli esercizi descritti hanno come comune denominatore l’aumento della resistenza al flusso espiratorio durante la fonazione e quindi un incremento pressorio retrogrado nel vocal tract, con le conseguenze fisico-acustiche sopra illustrate.
Figura1. Maschera da ventilazione

EFFETTI DEI SOVTE e AMBITI DI IMPIEGO[26]

I SOVTE hanno una lunga storia di impiego nello studio del canto e nei professionisti della voce, sia come esercizi di riscaldamento/defaticamento sia come mezzi per incrementare le potenzialità vocali. Alcuni studi hanno dimostrato miglioramenti nella qualità vocale percepita e in alcuni parametri acustici vocali immediatamente dopo l’esecuzione di SOVTE [27] [28] [29] [30] [31].
Più recentemente i SOVTE hanno trovato una certa diffusione anche in ambito riabilitativo tra i logopedisti specializzati nella patologia vocale. Titze sostiene che gli esercizi a vocal tract semi-ostruito siano in grado di ridurre l’impatto di collisione tra le corde vocali durante la fonazione, risultando ad alta economia vocale [32]. In effetti i SOVTE sembrerebbero rappresentare un valido strumento riabilitativo in grado di migliorare la qualità vocale, limitare i traumatismi cordali e ridurre l’ipercinesia laringea in soggetti disfonici  [17] [33].
Uno studio recente di Guzman et al. ha indagato gli effetti a breve termine sulla fonazione dopo esercizi con tubi di risonanza e cannucce [34], dimostrando come tali esercizi possano avere effetti positivi sia in ambito di didattica vocale sia in ambito riabilitativo. Per quanto riguarda la qualità vocale, vari studi hanno riscontrato effetti positivi quali un decremento del valore assoluto del Singing Power Ratio (SPR, differenza in dB tra i picchi armonici più intensi nelle finestre 0-2000Hz e  2000-400Hz del power spectrum) e un incremento dell’energia spettrale nella zona cluster della formante di canto. Questo dato ha trovato riscontro nell’incremento del rapporto tra l’area trasversale ipofaringea e quella epilaringea osservato in TC. Anche le analisi percettive hanno confermato complessivamente una migliore qualità vocale dopo gli esercizi proposti. Dal punto di vista terapeutico, i reperti di imaging di una migliore chiusura velare, un allargamento faringeo e un abbassamento laringeo suggerirebbero possibili impieghi di tali esercizi nella correzione dell’ipernasalità e delle ipercinesie laringee.


SOVTE A CONFRONTO e CLASSIFICAZIONE

Un recente studio di Andrade et al. ha messo a confronto e classificato alcuni dei SOVTE più diffusi [35]. Gli esercizi presi in considerazione sono stati gli hummings, il trillo linguale, il trillo labiale, la mano sulla bocca, il LaxVox, le cannucce e il trillo linguale combinato con la mano sulla bocca.  Gli esercizi sono stati classificati in due gruppi sulla base di indagini elettroglottografiche ed acustiche (Fig 4):
  • GRUPPO 1 – statici (hummings, mano sulla bocca e cannucce): tali esercizi sfruttano una singola sorgente vibratoria nel vocal tract (le corde vocali) e sono caratterizzati da un valore stabile di quoziente di chiusura glottica (CQ) e F0. In questo gruppo di esercizi si determina un minore valore F1-F0, quindi teoricamente una maggiore impedenza (reattanza), che si accompagna ad una maggiore economia fonatoria.
  • GRUPPO 2 – fluttuanti (trilli labiali, trilli linguali e LaxVox): tali esercizi usano una sorgente vibratoria secondaria nel vocal tract, con fluttuazione di CQ ed F0. Questo garantisce una sorta di “effetto massaggio” sulle cavità del vocal tract, attraverso un feedback vibratorio positivo. In questi esercizi il valore F1-F0 è più alto rispetto a quello degli esercizi di gruppo 1, determinando minori variazioni di impedenza nel vocal tract e una minore economia vocale.
Figura 2: classificazione dei SOVTE su base fisiologica e acustica [35]
Da queste premesse risulta che i due gruppi di esercizi abbiano presupposti e  conseguenze sulla fonazione leggermente diversi. Il massimo guadagno vocale sembrerebbe derivare dalla combinazione di un esercizio di gruppo 1 (statico) con un esercizio di gruppo 2 (fluttuante). Come esemplificato nello studio in questione, l’abbinamento del trillo linguale (esercizio fluttuante) con la mano sulla bocca (esercizio statico) garantisce il mantenimento del feedback vibratorio sul vocal tract, ma allo stesso tempo favorisce una riduzione del valore F1-F0 (Fig 5).



Figura 3. Relazione tra CQ ed F1-F0 tra SOVTE di gruppo 1, gruppo 1 + 2 e gruppo 2 [35]



CONCLUSIONI

I SOVTE risultano validi esercizi per il riscaldamento, il defaticamento e la riabilitazione vocale. Le evidenze disponibili in letteratura sembrano confermare la loro efficacia sia in ambito canoro che logopedico. Sicuramente i vantaggi più grandi forniti dai SOVTE sono rappresentati dal fatto che:

  • sono esercizi a basso costo vocale, mettono “al sicuro” la voce durante il warming up.
  • sono esercizi ad alta efficienza (garantiscono una produzione vocale più economica, ma al contempo favoriscono più brillantezza e proiezione vocale dopo il warming up).
  • sono esercizi che innescano forti feedback somatosensitivi (stimoli pressori e vibrotattili) che incrementano la sensazione di comfort fonatorio e consentono al performer/paziente di lavorare sulla propriocezione vocale.

Certo è che i SOVTE non devono essere considerati come “miracolosi”, bensì vanno eseguiti con cognizione e sotto la supervisione di un esperto in materia (insegnante o logopedista).
I più grandi limiti degli studi fino ad ora condotti su questo argomento sono rappresentati dalla mancanza di risultati a lungo termine e dallo scarso numero di soggetti mediamente arruolati negli studi. Disponendo di una grande varietà di esercizi a vocal tract semi-occluso e di premesse scientifiche incoraggianti, un futuro obiettivo potrebbe consistere nello studio degli effetti dei diversi SOVTE  con indagini più “forti” dal punto di vista scientifico (es. RCT) e in varie categorie di soggetti (stratificati per genere, età, stile canoro, tipo di patologia etc). Si potrà così garantire in futuro l’applicazione di tali tecniche in maniera sempre più personalizzata a seconda degli ambiti e delle esigenze.

Articolo pubblicato in data  28 gennaio 2016 – http://vocologicamente.blogspot.com/p/articoli.html
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IDRATAZIONE e VOCE : cosa sappiamo e cosa c’è da scoprire?

Introduzione

Quello dell’idratazione è da sempre un tema di grande interesse scientifico ed è oggi acclarato che un corretto bilancio dei liquidi corporei sia fondamentale per la salute ed il funzionamento ottimale dell’organismo. Le funzioni vitali dell’acqua includono quelle di sostanza strutturale, di solvente per reazioni chimiche, di mezzo di trasporto per nutrienti e cataboliti, di termoregolatore, lubrificante e ammortizzatore[i]. L’acqua ha un ruolo integrativo fondamentale in ogni apparato dell’organismo (cardiovascolare, respiratorio, ematopoietico, linfatico, digestivo, endocrino, muscolare, nervoso, tegumentario, urinario etc.). L’omeostasi idrica dell’organismo è finemente regolata da sistemi ormonali che controllano l’intake di liquidi tramite la sensazione della sete e l’escrezione di liquidi (essenzialmente tramite l’apparato urinario, digestivo, tegumentario e respiratorio) a vari volumi e tonicità. Tramite questi meccanismi di fine regolazione, il corpo è in grado di raggiungere un equilibrio idro-elettrolitico ottimale nei compartimenti cellulari e tissutali, definito in fisiologia eu-idratazione. Alterazioni dei sistemi di regolazione dell’omeostasi idrica possono condurre a condizioni subpatologiche o francamente patologiche di disidratazione o iperidratazione, con conseguenze negative pressoché ad ogni livello dell’organismo.

Anche l’apparato fonatorio risente dello stato di idratazione corporea. Le corde vocali sono strutture – per quanto piccole – complesse, costituite da vari tessuti (epiteliale, connettivo, muscolare) la cui interazione è fondamentale ai fini di un corretto funzionamento. Un’ottimale idratazione cordale è quindi necessaria per il mantenimento delle proprietà visco-elastiche delle pliche vocali.

Fisiologia dell’omeostasi idrica cordale

La struttura anatomica delle corde vocali è caratterizzata dalla presenza di 3 tessuti interfacciati ed interagenti (figura 1):

  • Epitelio squamoso stratificato e membrana basale
  • Lamina propria, trilaminare, composta da uno strato mixoide (spazio di Reinke), uno strato intermedio di connettivo in cui prevalgono le fibre elastiche e uno strato profondo di connettivo in cui prevalgono le fibre di collagene (lo strato intermedio e quello profondo costituiscono il legamento vocale.
  • Muscolo vocale (muscolo tiro-aritenoideo)
Figura 1. Istologia della corda vocale

L’epitelio gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi idrica di superficie delle corde vocali attraverso sistemi di trasporto di molecole d’acqua e ioni.

Una recente review di Leydon et al[ii]. ha raccolto le evidenze in letteratura circa i meccanismi biomelacolari che sottostanno ai fenomeni di regolazione idrica cordale. Quello che emerge dai più recenti studi è che l’epitelio cordale contribuirebbe attivamente a mantenere l’omeostasi del film acquoso di superficie tramite trasportatori ionici e sistemi di trasporto idrico bidirezionali.

Nello specifico, sono stati identificati almeno cinque/sei tipologie di trasportatori molecolari sulla membrana delle cellule dell’epitelio cordale (figura 2):

  • Na-K ATPasi (pompe sodio-potassio): identificate sul versante basolaterale delle cellule, contribuiscono a mantenere un gradiente elettrochimico transmembranale (essenziale per il corretto funzionamento cellulare) tramite il trasporto di ioni K (potassio) e Na (sodio) con dispendio energetico sotto forma di ATP[iii] [iv].
  • Cotrasportatore Na K 2Cl: è stato anch’esso identificato sul versante baso-laterale delle cellule epiteliali cordali, dove garantirebbe un “libero ingresso” di ioni sodio, potassio e cloro[v].
  • Canali ionici per il sodio (ENaC) e per il cloro (CFTR) sono stati identificati sul versante luminale delle cellule epiteliali cordali. Il primo favorirebbe il movimento di sodio dal film acquoso superficiale verso l’interno delle cellule, il secondo invece sembrerebbe implicato nella secrezione di ioni cloro verso l’esterno [v] [vi].
  • Canali per le molecole d’acqua (acquaporine): localizzate sul versante luminare, garantiscono un flusso acquoso bidirezionale attraverso la membrana cellulare[vii].
Figura 2. fisiologia biomolecolare dell’idratazione cordale
(da Leydon et al[ii])

Il trasporto di ioni sodio e cloro attraverso la membrana, grazie ai sopraesposti meccanismi biomolecolari, rappresenta il “motore” chimico per la generazione di flussi d’acqua transepiteliali. Essi sarebbero responsabili del mantenimento del film acquoso che riveste la mucosa glottica, importante al fine di mantenere le proprietà visco-elastiche del cover cordale.

Come idratare le corde vocali?

L’idratazione delle corde vocali si può ottenere essenzialmente attraverso due modalità:

  • Idratazione sistemica: una corretta assunzione di liquidi per os (in termini quantitativi e posologici) permette di porre i tessuti costituenti le corde vocali in uno stato di idratazione ottimale.
  • Idratazione locale: l’ispirazione di aria umidificata (tramite inalazioni umidificate o inspirazioni attraverso garze umide) consente di incrementare l’idratazione superficiale delle corde vocali arricchendo il sottile film acquoso che normalmente riveste le mucose del vestibolo laringeo e della glottide e contribuendo alla turgidità della lamina propria della mucosa.

Queste modalità di idratazione non vanno considerate come indipendenti ma integrative, in quanto possono influenzarsi e sostenersi a vicenda.

Impatto dell’idratazione sulla voce: cosa sappiamo?

Negli ultimi anni sono state pubblicate alcune revisioni di letteratura e metanalisi sull’argomento idratazione e voce. In una recente review di Naomi et al.[viii] è stato messo in evidenza che crescenti evidenze scientifiche sembrano concordi sul fatto che stati di disidratazione sistemica e locale alterino le proprietà visco-elastiche della mucosa e abbiano effetti sfavorevoli sulla performance muscolare, con conseguenze negative di tipo aerodinamico ed acustico sulla fonazione [ii] [ix] [x] [xi] [xii] [xiii].

Non c’è purtroppo lo stesso grado di sicurezza circa gli effetti positivi dell’idratazione cordale sulla performance vocale. Alcuni studi sull’argomento hanno infatti riportato risultati non significativi o caratterizzati da grande variabilità[xiv] [xv] [xvi]. Altri studi hanno invece riportato risultati positivi: alcune delle conseguenze vantaggiose che potrebbero derivare da stati di ottimale idratazione (locale e sistemica) sono rappresentate dalla riduzione della pressione di soglia fonatoria (PTP)[xvii] [xviii] [xix], dal miglioramento di alcuni parametri acustici vocali di regolarità d’onda (per es. Jitt%, Shimm% NHR)[xx], dal miglioramento di alcuni aspetti laringostroboscopici (maggiore ampiezza e regolarità d’onda mucosa, miglioramento della viscosità delle secrezioni mucose etc.)[xxi] e dalla sensazione di maggior comfort fonatorio[xxii].

L’idratazione e la lubrificazione locale: il Gelling Effect

Il gruppo di Borragan A.T. (Centro di Foniatria e Logopedia – Santander)[xxiii] ha descritto gli effetti positivi che derivano da procedure di idratazione e lubrificazione topica delle corde vocali (da associare comunque ad una corretta idratazione sistemica) denominati Gelling Effect[xxiv]. Sono stati identificati due approcci sinergici: l’idratazione cordale e la lubrificazione cordale. L’idratazione può essere ottenuta tramite le tecniche sopraesposte (in particolare respirazione attraverso garze umidificate o inalazioni umidificate durante vocalizzazioni per circa 10 minuti) garantendo maggiore elasticità e morbidezza alla lamina propria delle corde vocali. Le conseguenze sembrerebbero essere rappresentate da un aumento di ampiezza e regolarità dell’onda mucosa, una riduzione dello sforzo fonatorio e minore rischio di traumatismi vocali da sforzo.

La lubrificazione prevede invece l’impiego di sostanze con qualità di surfattante (ovvero con la capacità di ridurre la tensione superficiale dell’acqua, rendendola più “incline” ad adattarsi alle superfici). Tali sostanze favorirebbero un miglioramento delle proprietà di elasticità e viscosità dell’epitelio cordale. Ai fini della lubrificazione cordale, viene proposto di vocalizzare tenendo nel cavo orale (senza deglutire per qualche minuto) sostanze con qualità di surfattante come il gel di pectina con Aloe vera. Una buona lubrificazione avrebbe un effetto coadiuvante all’idratazione, sostenendone l’efficacia e la durata nel tempo.

Non ancora “evidence based”

Purtroppo ad oggi non esiste un solido grado di sicurezza scientifica circa i benefici vocali ottenibili con protocolli di idratazione cordale. In altre parole, esistono valide ragioni derivanti dall’esperienza e dalla pratica clinica per credere che una corretta idratazione (sia sistemica che locale) sia benefica per la voce, ma ci sono ancora molti aspetti da definire circa i risultati e le modalità (quantità, tempistiche, tipologia di idratazione) con cui essi possano essere raggiunti.

Per esempio, una metanalisi condotta da Leydon et al.[xxv] ha preso in esame gli effetti dell’idratazione sulla pressone di soglia fonatoria assunta come indice indiretto di fatica vocale, rivelando una grossa variabilità di outcome tra gli studi analizzati. Sebbene si sia riscontrata una tendenza alla riduzione della PTP (e quindi una minore fatica vocale) in seguito a vari protocolli di idratazione sistemica e topica, l’effetto complessivo degli studi considerati non è risultato significativo. Una delle possibili motivazioni alla base della difficoltosa validazione degli effetti dell’idratazione cordale sulla salute vocale potrebbe essere rappresentata dalla grande variabilità metodologica che tende a caratterizzare gli studi in questione, aspetto che rende difficile un’efficace comparazione.

Un altro esempio circa lo scarso livello di certezza scientifica nel quale ci troviamo attualmente è rappresentato dal fatto che una comune indicazione clinico-comportamentale per chi fa un uso professionale della voce – oltre a porre attenzione ad una corretta idratazione sistemica –  è quella di evitare sostanze con potere disidratante come la caffeina, l’alcool, i decongestionanti, i diuretici etc. Tuttavia la letteratura scientifica riporta una scarsa evidenza a supporto degli effetti negativi che tali sostanze avrebbero sulla qualità vocale e sulla performance fonatoria [xxvi] [xxvii] [xxviii] [xxix] [xxx] [xxxi].

Conclusioni e prospettive

La letteratura fino ad ora prodotta sull’argomento indica che sembrerebbe esistere un’interessante relazione tra idratazione e salute vocale, tuttavia molti aspetti restano da approfondire. Ciò che oggi si può affermare con un ragionevole grado di sicurezza è che la disidratazione ha conseguenze negative sulla fisiologia cordale e sulla produzione vocale, quindi va prevenuta. Non si può essere altrettanto sicuri riguardo all’entità dei benefici di protocolli di idratazione cordale condotti a prescindere dallo stato di idratazione globale del soggetto (quindi anche in condizioni di buona idratazione basale), sebbene complessivamente esistano trend di correlazione positiva tra l’idratazione e il miglioramento della performance vocale.

In futuro altre ricerche saranno necessarie per chiarire e quantificare gli effetti dell’idratazione topica e sistemica sulla voce, oltre che per indicare quali procedure si debbano impiegare (e in quali circostanze) al fine di garantire risultati vocali ottimali.

 

Articolo pubblicato in data 14 maggio 2016 – http://vocologicamente.blogspot.com/p/idratazione-cordale.html

 

 

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ORMONI SESSUALI E VOCE: DALL’INFANZIA ALLA SENESCENZA

Marco Fantini, Virginia Zamponi

 

 

La voce: un fenomeno complesso e affascinante, anche da una prospettiva sessuologica

Per dirla con uno dei padri della foniatria Italiana, Oskar Schindler, la voce si può definire come una sonorità (suono, rumore o entrambi) prodotta direttamente o indirettamente dal corpo umano con valenza informativa o comunicativa. Ne deriva che il fenomeno voce è qualcosa di estremamente complesso, che non si limita alla veicolazione di messaggi verbali, bensì può rivestire tutta una serie di funzioni estremamente articolate, quali comunicare l’esistenza, la posizione, le caratteristiche (sesso, età, stato di salute etc) e l’umore del vociferante. La voce può inoltre veicolare messaggi non verbali più “ancestrali” come l’urlo, il richiamo, il corteggiamento; può rappresentare mezzo per guadagnarsi da vivere per tutti coloro che ne fanno un uso professionale e in particolare diventa raffinato atletismo per gli artisti della voce, quali cantanti e attori.

In un’ottica sessuologica, la voce racconta molto di noi, potendo comunicare aspetti riguardanti l’indentità di genere, l’orientamento sessuale e il ruolo di genere del fonante. Può inoltre rivestire ruoli centrali nelle dinamiche del corteggiamento esprimendo attrazione o repulsione sessuale, è fondamentale nella strutturazione delle relazioni sentimentali, nonché nelle relazioni genitore-figlio.

Oltre ad essere un potente veicolo di narrazione sessuologica in senso lato, la voce è a sua volta un target ormonale ed è fortemente influenzata  – lungo tutto il suo sviluppo –  dall’azione di molteplici ormoni, tra cui gli ormoni sessuali.

 

Gli ormoni sessuali

Gli ormoni sessuali fanno parte dei cosiddetti ormoni steroidei, derivanti da un unico comune precursore: il colesterolo. Gli ormoni steroidei comprendono gli ormoni mineralocorticoidi (es. l’ aldosterone), gli ormoni glucocorticoidi (es. il cortisolo), gli androgeni (es. il testosterone), gli estrogeni (es. l’estradiolo) e i progestinici (es. il progesterone). Androgeni, estrogeni e progestinici costituiscono gli ormoni sessuali e sono increti da ghiandole surrenaliche, ovaie nella donna e testicoli nell’uomo (figura 1).

 

Figura 1. La biosintesi degli ormoni steroidei

Dal punto di vista endocrinologico, la produzione degli ormoni sessuali è regolata dal cosiddetto asse ipotalamo-ipofisi-surrene o ipotalamo-ipofisi-gonadi, che si attiva nel corso della pubertà e favorisce la definitiva maturazione dell’organismo in senso femminile o maschile.

La laringe rappresenta uno degli organi sessuali secondari. Come tale è bersaglio biologico degli ormoni sessuali, i quali hanno fortissima influenza su di essa in termini di sviluppo e modificazioni nel corso della vita. Di seguito viene presentata una revisione di letteratura che mira a descrivere le fisiologiche modifiche indotte dagli ormoni sessuali sulla voce, dall’infanzia alla senescenza, in entrambi i generi.

 

Infanzia e “mini-pubertà”

La laringe umana alla nascita misura circa un terzo della laringe di un adulto e  si trova più in alto nel collo, con l’epiglottide posizionata dietro al velo del palato. Ciò permette la contemporanea respirazione e suzione del latte materno da parte del neonato (figura 2).

 

Figura 2. La laringe del neonato: morfologia (sinistra) e dinamica della suzione (destra)

 

La laringe dell’infante ha una configurazione decisamente diversa da quella dell’adulto, con un’epiglottide a forma di “omega”, un lume glottico ellittico e margine inferiore della cartilagine cricoide di forma circolare. I tessuti connettivi sottomucosi della laringe e del vocal tract sono più morbidi ed elastici, con maggiore deformabilità ma al contempo maggiore risposta edemigena in caso di condizioni infiammatorie.

Gli ormoni sessuali giocano un ruolo importante sin dal primo momento dopo la nascita, quando si osserva un incremento di gonadotropine e ormoni sessuali. Questa fase viene chiamata mini-pubertà per via della somiglianza con il periodo puberale. Durante la mini-pubertà i maschi hanno più alte concentrazioni di testosterone circolante, mentre le femmine sono caratterizzate da più alti livelli di estradiolo libero. Alcuni autori hanno studiato l’influenza della mini-pubertà sulla produzione vocale, ipotizzando che i diversi livelli ormonali inter-genere potrebbero spiegare la ragione di peculiari  pattern melodici di pianto sesso-relati (con tendenza a maggior complessità ed articolazione per il sesso femminile o in generale per i neonati con più alti livelli di estradiolo libero), nonché un certo vantaggio del genere femminile nelle prime fasi dello sviluppo del linguaggio (figura 3 ).

Figura 3. Pattern melodici a singolo arco (a) e ad archi multipli (b) da Wermke et al (2018)

 

Pianto di neonato:

Pianto di neonata:

 

Puberta’

La pubertà è un periodo cruciale della vita durante la quale si verificano radicali cambiamenti fisiologici e psicologici. Clinicamente, il primo cambiamento a cui si assiste durante la pubertà è rappresentato dalla comparsa delle caratteristiche sessuali secondarie, in particolare l’ingrandimento testicolare nel maschio e lo sviluppo della ghiandola mammaria nella femmina.

Con la pubertà si verificano importanti variazioni della voce sesso-correlate, caratterizzate da un ingrandimento ed allungamento della laringe, del vocal tract e delle corde vocali. I maschi sperimentano cambiamenti più marcati rispetto alle femmine, con una lunghezza cordale media di 1.6 cm e una lunghezza del vocal tract media di 17 cm,  rispetto ai valori femminili di 1.0 cm e 14 cm rispettivamente.  Presumibilmente, il testosterone ha un ruolo cruciale nel determinare un significativo allungamento e ingrandimento cordale nel maschio durante la pubertà.

Funzionalmente, durante la pubertà si verifica il fenomeno della cosiddetta muta vocale. Al termine di tale fenomeno si assiste ad un aggravamento della frequenza fondamentale (F0) di circa un’ottava nel maschio e di 3-4 semitoni nella femmina. Parallelamente si assiste ad un cambiamento nel range vocale. Durante la muta vocale vengono identificati tre stadi principali: pre-muta, muta propriamente detta e post-muta (figura 4).

 

Figura 4. Fasi della muta vocale maschile e femminile

 

Ciclo mestruale

Il ciclo mestruale è regolato dalle variazioni periodiche dei livelli di ormoni sessuali femminili, nella fattispecie estrogeni e progesterone (figura 5).

Una certa varietà di cambiamenti vocali sono stati descritti durante le diverse fasi del ciclo mestruale. Alcuni autori suggeriscono che la qualità vocale migliore si apprezzi durante la fase ovulatoria, quando gli estrogeni raggiungono il picco. Ciò non sorprende, considerando che gli estrogeni promuovono un incremento della secrezione siero-mucosa delle ghiandole del cover cordale, con conseguente miglioramento della viscosità mucosa; inoltre favoriscono un miglioramento della permeabilità capillare e miglior ossigenazione tissutale. Per contro, spesso le donne lamentano sintomi di alterazione della qualità vocale nel periodo pre-mestruale. I sintomi vocali più frequenti sono rappresentati da riduzione dell’efficienza vocale, riduzione di elasticità, qualità vocale più ariosa e velata, fino a perdita di parti di range tonale acuto, fonastenia, raucedine e problemi di intonazione. L’insieme dei sintomi vocali relativi al periodo pre-mestruale sono noti come disfonia premestruale e sono in genere più marcati in coloro che fanno uso professionale della voce (cantanti professioniste).

 

Figura 5. Rappresentazione schematica delle fasi del ciclo mestruale

E’ interessante come alcuni autori abbiano riscontrato significative similarità tra vetrini istologici di laringi femminili e di cervici uterine. E’ inoltre noto che vi siano recettori per gli ormoni sessuali (inclusi progesterone ed estrogeni) a livello delle corde vocali. Il periodo premestruale, caratterizzato da alti livelli di progesterone, potrebbe favorire  condizioni di maggior desquamazione epiteliale, minor secrezione mucosa e maggiore congestione microvascolare, spiegando così le fluttuazioni vocali caratteristiche di tale fase del ciclo ormonale femminile.

 

Gravidanza

Durante la gravidanza il corpo della donna va incontro a notevoli cambiamenti, sia da punto di vista anatomico che fisiologico. Non si osservano più fluttuazioni ormonali cicliche, bensì vengono continuamente increti alti livelli di estrogeni e progesterone. Anche durante la gravidanza si osservano cambiamenti nella voce, rispondenti alla cosiddetta laryngopathia gravidarum e  legati sia a modifiche del sistema respiratorio che delle corde vocali (figura 6).

Figura 6. Modifiche dell’apparato pneumo-fono-risonanziale in gravidanza

 

Per quanto riguarda il sistema respiratorio, in circa il 20% delle donne si apprezza la cosiddetta rinite gravidanza-indotta, caratterizzata da mucosa nasale congesta ed iperemica, ostruzione respiratoria nasale e  tendenza alla respirazione orale, con conseguente rischio di disidratazione cordale.  Anche il torace va incontro a profondi cambiamenti, variando diametri e circonferenza. Inoltre, il diaframma sperimenta una graduale risalita durante la gravidanza, raggiungendo circa 4 cm di innalzamento a fine gestazione. Di conseguenza, si modificano gli assetti muscolari ed i volumi dinamici respiratori, con possibili conseguenze negative sulle dinamiche di appoggio e sostegno respiratori, nonché su alcuni parametri aerodinamici quali il tempo massimo fonatorio (che tende a ridursi sensibilmente nell’ultimo trimestre).

Considerando le corde vocali, gli alti livelli di progesterone favoriscono riduzione di secrezione mucosa ed aumento della viscosità della stessa, tendenza alla secchezza mucosa e desquamazione epiteliale, nonché congestione mucosa. Di conseguenza anche in gravidanza non è raro andare incontro a sintomi di fatica, pesantezza ed opacità vocale, specialmente nel terzo trimestre.

 

Senescenza

Sia la voce della donna che la voce dell’uomo vanno incontro a cambiamenti nel fisiologico processo dell’invecchiamento. Le alterazioni della voce correlati alla senescenza vanno sotto il nome di presbifonia.

Anche l’invecchiamento vocale è un fenomeno sessualmente dimorfico e fortemente influenzato degli ormoni sessuali, che subiscono variazioni caratteristiche nei due sessi.

Nella donna, dopo la menopausa si assiste ad un brusco calo dei livelli di estrogeni e ad un incremento relativo dei livelli di androgeni. Al contrario, l’uomo va incontro ad un progressivo calo degli androgeni ed un incremento relativo degli estrogeni.

I cambiamenti a livello delle corde vocali  e della voce in senescenza sono quindi diversi nei due sessi. Nelle donne si assiste in genere ad un ispessimento e tendenza all’ edema delle corde vocali, con aumento del contatto glottico in fonazione, riduzione della quota di aria nel suono rispetto alle voci femminili giovani,  aggravamento della frequenza fondamentale della voce e – in un certo senso – virilizzazione del timbro. Al contrario, nell’uomo si assiste ad un assottigliamento cordale per ipotrofia muscolare, riduzione del contatto fonatorio, aumento della quota d’aria nel suono rispetto alle voci maschili giovani, aumento della frequenza fondamentale e femminizzazione del timbro (figura 6).

Figura 6. Modificazioni della voce durante la senescenza

 

Conclusioni

La nostra voce è profondamente influenzata dagli ormoni sessuali, con sostanziali differenze di genere. Essendo così fortemente influenzata dalle fisiologiche variazioni ormonali che si verificano nel corso della vita, la voce riflette in un certo senso anche lo stato del nostro benessere ormonale.

Per i Clinici e più in generale per chi si occupa di voce è quindi importante conoscere le fisiologiche modifiche a cui la nostra voce va incontro nel corso della vita. Ciò potrebbe permettere di  sospettare o identificare precocemente condizioni patologiche alla base di alterazioni del normale sviluppo vocale.

E’ curioso e allo stesso tempo è affascinante pensare che le voci maschili e femminili seguono una sorta di “viaggio” con una parabola che le trova simili nell’ infanzia, le porta a raggiungere la massima diversità dopo l’adolescenza e le accompagna nuovamente a convergere e ad “abbracciarsi” nel periodo della senescenza.

 

 

Riferimento bibliografico:

Zamponi V, Mazzilli R, Mazzilli F, Fantini M. Effect of sex hormones on human voice physiology: from childhood to senescence. Hormones (Athens). 2021 May 28. doi: 10.1007/s42000-021-00298-y. Epub ahead of print. PMID: 34046877.

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