IDRATAZIONE e VOCE : cosa sappiamo e cosa c’è da scoprire?

Introduzione

Quello dell’idratazione è da sempre un tema di grande interesse scientifico ed è oggi acclarato che un corretto bilancio dei liquidi corporei sia fondamentale per la salute ed il funzionamento ottimale dell’organismo. Le funzioni vitali dell’acqua includono quelle di sostanza strutturale, di solvente per reazioni chimiche, di mezzo di trasporto per nutrienti e cataboliti, di termoregolatore, lubrificante e ammortizzatore[i]. L’acqua ha un ruolo integrativo fondamentale in ogni apparato dell’organismo (cardiovascolare, respiratorio, ematopoietico, linfatico, digestivo, endocrino, muscolare, nervoso, tegumentario, urinario etc.). L’omeostasi idrica dell’organismo è finemente regolata da sistemi ormonali che controllano l’intake di liquidi tramite la sensazione della sete e l’escrezione di liquidi (essenzialmente tramite l’apparato urinario, digestivo, tegumentario e respiratorio) a vari volumi e tonicità. Tramite questi meccanismi di fine regolazione, il corpo è in grado di raggiungere un equilibrio idro-elettrolitico ottimale nei compartimenti cellulari e tissutali, definito in fisiologia eu-idratazione. Alterazioni dei sistemi di regolazione dell’omeostasi idrica possono condurre a condizioni subpatologiche o francamente patologiche di disidratazione o iperidratazione, con conseguenze negative pressoché ad ogni livello dell’organismo.

Anche l’apparato fonatorio risente dello stato di idratazione corporea. Le corde vocali sono strutture – per quanto piccole – complesse, costituite da vari tessuti (epiteliale, connettivo, muscolare) la cui interazione è fondamentale ai fini di un corretto funzionamento. Un’ottimale idratazione cordale è quindi necessaria per il mantenimento delle proprietà visco-elastiche delle pliche vocali.

Fisiologia dell’omeostasi idrica cordale

La struttura anatomica delle corde vocali è caratterizzata dalla presenza di 3 tessuti interfacciati ed interagenti (figura 1):

  • Epitelio squamoso stratificato e membrana basale
  • Lamina propria, trilaminare, composta da uno strato mixoide (spazio di Reinke), uno strato intermedio di connettivo in cui prevalgono le fibre elastiche e uno strato profondo di connettivo in cui prevalgono le fibre di collagene (lo strato intermedio e quello profondo costituiscono il legamento vocale.
  • Muscolo vocale (muscolo tiro-aritenoideo)
Figura 1. Istologia della corda vocale

L’epitelio gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi idrica di superficie delle corde vocali attraverso sistemi di trasporto di molecole d’acqua e ioni.

Una recente review di Leydon et al[ii]. ha raccolto le evidenze in letteratura circa i meccanismi biomelacolari che sottostanno ai fenomeni di regolazione idrica cordale. Quello che emerge dai più recenti studi è che l’epitelio cordale contribuirebbe attivamente a mantenere l’omeostasi del film acquoso di superficie tramite trasportatori ionici e sistemi di trasporto idrico bidirezionali.

Nello specifico, sono stati identificati almeno cinque/sei tipologie di trasportatori molecolari sulla membrana delle cellule dell’epitelio cordale (figura 2):

  • Na-K ATPasi (pompe sodio-potassio): identificate sul versante basolaterale delle cellule, contribuiscono a mantenere un gradiente elettrochimico transmembranale (essenziale per il corretto funzionamento cellulare) tramite il trasporto di ioni K (potassio) e Na (sodio) con dispendio energetico sotto forma di ATP[iii] [iv].
  • Cotrasportatore Na K 2Cl: è stato anch’esso identificato sul versante baso-laterale delle cellule epiteliali cordali, dove garantirebbe un “libero ingresso” di ioni sodio, potassio e cloro[v].
  • Canali ionici per il sodio (ENaC) e per il cloro (CFTR) sono stati identificati sul versante luminale delle cellule epiteliali cordali. Il primo favorirebbe il movimento di sodio dal film acquoso superficiale verso l’interno delle cellule, il secondo invece sembrerebbe implicato nella secrezione di ioni cloro verso l’esterno [v] [vi].
  • Canali per le molecole d’acqua (acquaporine): localizzate sul versante luminare, garantiscono un flusso acquoso bidirezionale attraverso la membrana cellulare[vii].
Figura 2. fisiologia biomolecolare dell’idratazione cordale
(da Leydon et al[ii])

Il trasporto di ioni sodio e cloro attraverso la membrana, grazie ai sopraesposti meccanismi biomolecolari, rappresenta il “motore” chimico per la generazione di flussi d’acqua transepiteliali. Essi sarebbero responsabili del mantenimento del film acquoso che riveste la mucosa glottica, importante al fine di mantenere le proprietà visco-elastiche del cover cordale.

Come idratare le corde vocali?

L’idratazione delle corde vocali si può ottenere essenzialmente attraverso due modalità:

  • Idratazione sistemica: una corretta assunzione di liquidi per os (in termini quantitativi e posologici) permette di porre i tessuti costituenti le corde vocali in uno stato di idratazione ottimale.
  • Idratazione locale: l’ispirazione di aria umidificata (tramite inalazioni umidificate o inspirazioni attraverso garze umide) consente di incrementare l’idratazione superficiale delle corde vocali arricchendo il sottile film acquoso che normalmente riveste le mucose del vestibolo laringeo e della glottide e contribuendo alla turgidità della lamina propria della mucosa.

Queste modalità di idratazione non vanno considerate come indipendenti ma integrative, in quanto possono influenzarsi e sostenersi a vicenda.

Impatto dell’idratazione sulla voce: cosa sappiamo?

Negli ultimi anni sono state pubblicate alcune revisioni di letteratura e metanalisi sull’argomento idratazione e voce. In una recente review di Naomi et al.[viii] è stato messo in evidenza che crescenti evidenze scientifiche sembrano concordi sul fatto che stati di disidratazione sistemica e locale alterino le proprietà visco-elastiche della mucosa e abbiano effetti sfavorevoli sulla performance muscolare, con conseguenze negative di tipo aerodinamico ed acustico sulla fonazione [ii] [ix] [x] [xi] [xii] [xiii].

Non c’è purtroppo lo stesso grado di sicurezza circa gli effetti positivi dell’idratazione cordale sulla performance vocale. Alcuni studi sull’argomento hanno infatti riportato risultati non significativi o caratterizzati da grande variabilità[xiv] [xv] [xvi]. Altri studi hanno invece riportato risultati positivi: alcune delle conseguenze vantaggiose che potrebbero derivare da stati di ottimale idratazione (locale e sistemica) sono rappresentate dalla riduzione della pressione di soglia fonatoria (PTP)[xvii] [xviii] [xix], dal miglioramento di alcuni parametri acustici vocali di regolarità d’onda (per es. Jitt%, Shimm% NHR)[xx], dal miglioramento di alcuni aspetti laringostroboscopici (maggiore ampiezza e regolarità d’onda mucosa, miglioramento della viscosità delle secrezioni mucose etc.)[xxi] e dalla sensazione di maggior comfort fonatorio[xxii].

L’idratazione e la lubrificazione locale: il Gelling Effect

Il gruppo di Borragan A.T. (Centro di Foniatria e Logopedia – Santander)[xxiii] ha descritto gli effetti positivi che derivano da procedure di idratazione e lubrificazione topica delle corde vocali (da associare comunque ad una corretta idratazione sistemica) denominati Gelling Effect[xxiv]. Sono stati identificati due approcci sinergici: l’idratazione cordale e la lubrificazione cordale. L’idratazione può essere ottenuta tramite le tecniche sopraesposte (in particolare respirazione attraverso garze umidificate o inalazioni umidificate durante vocalizzazioni per circa 10 minuti) garantendo maggiore elasticità e morbidezza alla lamina propria delle corde vocali. Le conseguenze sembrerebbero essere rappresentate da un aumento di ampiezza e regolarità dell’onda mucosa, una riduzione dello sforzo fonatorio e minore rischio di traumatismi vocali da sforzo.

La lubrificazione prevede invece l’impiego di sostanze con qualità di surfattante (ovvero con la capacità di ridurre la tensione superficiale dell’acqua, rendendola più “incline” ad adattarsi alle superfici). Tali sostanze favorirebbero un miglioramento delle proprietà di elasticità e viscosità dell’epitelio cordale. Ai fini della lubrificazione cordale, viene proposto di vocalizzare tenendo nel cavo orale (senza deglutire per qualche minuto) sostanze con qualità di surfattante come il gel di pectina con Aloe vera. Una buona lubrificazione avrebbe un effetto coadiuvante all’idratazione, sostenendone l’efficacia e la durata nel tempo.

Non ancora “evidence based”

Purtroppo ad oggi non esiste un solido grado di sicurezza scientifica circa i benefici vocali ottenibili con protocolli di idratazione cordale. In altre parole, esistono valide ragioni derivanti dall’esperienza e dalla pratica clinica per credere che una corretta idratazione (sia sistemica che locale) sia benefica per la voce, ma ci sono ancora molti aspetti da definire circa i risultati e le modalità (quantità, tempistiche, tipologia di idratazione) con cui essi possano essere raggiunti.

Per esempio, una metanalisi condotta da Leydon et al.[xxv] ha preso in esame gli effetti dell’idratazione sulla pressone di soglia fonatoria assunta come indice indiretto di fatica vocale, rivelando una grossa variabilità di outcome tra gli studi analizzati. Sebbene si sia riscontrata una tendenza alla riduzione della PTP (e quindi una minore fatica vocale) in seguito a vari protocolli di idratazione sistemica e topica, l’effetto complessivo degli studi considerati non è risultato significativo. Una delle possibili motivazioni alla base della difficoltosa validazione degli effetti dell’idratazione cordale sulla salute vocale potrebbe essere rappresentata dalla grande variabilità metodologica che tende a caratterizzare gli studi in questione, aspetto che rende difficile un’efficace comparazione.

Un altro esempio circa lo scarso livello di certezza scientifica nel quale ci troviamo attualmente è rappresentato dal fatto che una comune indicazione clinico-comportamentale per chi fa un uso professionale della voce – oltre a porre attenzione ad una corretta idratazione sistemica –  è quella di evitare sostanze con potere disidratante come la caffeina, l’alcool, i decongestionanti, i diuretici etc. Tuttavia la letteratura scientifica riporta una scarsa evidenza a supporto degli effetti negativi che tali sostanze avrebbero sulla qualità vocale e sulla performance fonatoria [xxvi] [xxvii] [xxviii] [xxix] [xxx] [xxxi].

Conclusioni e prospettive

La letteratura fino ad ora prodotta sull’argomento indica che sembrerebbe esistere un’interessante relazione tra idratazione e salute vocale, tuttavia molti aspetti restano da approfondire. Ciò che oggi si può affermare con un ragionevole grado di sicurezza è che la disidratazione ha conseguenze negative sulla fisiologia cordale e sulla produzione vocale, quindi va prevenuta. Non si può essere altrettanto sicuri riguardo all’entità dei benefici di protocolli di idratazione cordale condotti a prescindere dallo stato di idratazione globale del soggetto (quindi anche in condizioni di buona idratazione basale), sebbene complessivamente esistano trend di correlazione positiva tra l’idratazione e il miglioramento della performance vocale.

In futuro altre ricerche saranno necessarie per chiarire e quantificare gli effetti dell’idratazione topica e sistemica sulla voce, oltre che per indicare quali procedure si debbano impiegare (e in quali circostanze) al fine di garantire risultati vocali ottimali.

 

Articolo pubblicato in data 14 maggio 2016 – http://vocologicamente.blogspot.com/p/idratazione-cordale.html

 

 

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IL POTERE DEL CANTO: dal pathway della ricompensa all’ice-breaker effect

Neurobiologia della ricompensa musicale: una prerogativa dell’essere umano

Il termine ricompensa si potrebbe definire come qualcosa di piacevole che viene dato in cambio di qualcosa di utile. Biologicamente si può considerare come ricompensa tutto ciò che provoca nell’individuo un senso edonico di piacere e lo stimola a ripetere il comportamento che ha provocato il gradevole risultato[i]. La ricerca scientifica sulla ricompensa biologica, partendo dall’osservazione del comportamento di ratti sottoposti a specifiche stimolazioni elettriche encefaliche[ii] [iii], ha portato alla scoperta del cosiddetto pathway della ricompensa. Esso coinvolge il sistema mesolimbico (in particolare l’Area Ventrale Tegmentale e il Nucleo Accumbens) ed è implicato – attraverso un sistema neurotrasmettitoriale dopaminergico – nel rinforzo di comportamenti biologicamente rilevanti ai fini della sopravvivenza, come l’assunzione del cibo[iv] e l’attività sessuale[v]. Anche nell’uomo è stato dimostrato che il rilascio di dopamina e l’attività emodinamica nelle aree mesolimbiche sono correlati al rinforzo di comportamenti adattativi riguardanti il cibo e il sesso[vi] [vii] [viii]. Tuttavia, con l’evoluzione del genere umano, anche altri aspetti hanno acquisito importanza ai fini della sopravvivenza della specie, uno fra tutti il guadagno economico. E’ stato infatti dimostrato che ottenere denaro attiva le aree mesolimbiche, risultando un evento fortemente rinforzante in termini adattativi[ix]. Ne deriva che l’uomo ha acquisito l’abilità di ottenere ricompense “secondarie” da condizioni che non necessariamente contengono intrinseci legami con la sopravvivenza. In realtà il genere umano è andato ancora oltre, sviluppando la capacità di attivare la via della ricompensa tramite stimoli con caratteristiche astratte e con scarsa rilevanza evoluzionistica. La musica è un ottimo esempio di questo fenomeno: nonostante lo stesso Darwin osservasse che la musica non ha alcuna conseguenza funzionale diretta e nessuna chiara funzione adattativa[x] , essa è ubiquitariamente diffusa nel genere umano dai tempi più antichi.
Negli ultimi anni il gruppo di Zatorre et al. ha condotto numerose ricerche sull’argomento, confermando che nel genere umano la musica è implicata nell’attivazione del pathway della ricompensa attraverso il rilascio di dopamina nel sistema mesolimbico. Questo meccanismo rappresenterebbe la base biologica delle sensazioni positive che proviamo quando ascoltiamo musica[xi] [xii] [xiii]. Ciò che nell’uomo consente l’innesco della ricompensa in risposta a stimoli estetico-musicali è rappresentato dalle complesse connessioni che esistono tra il sistema limbico e la corteccia, soprattutto nelle regioni prefrontali e temporali, che si attivano in risposta a stimoli musicali piacevoli e sono peraltro peculiarità evolutiva del genere umano[xiv] [xv] [xvi] [xvii].
Va da sé che il canto, espressione musicale umana per eccellenza, rappresenta un importante trigger per l’attivazione del pathway della ricompensa, generando piacere in chi ne fruisce (sia attivamente che passivamente). E’ stato infatti dimostrato che durante la produzione cantata vi è un’attivazione del Nucleo Accumbens che non si apprezza durante la vocalizzazione parlata[xviii]. Ancora, alcuni ricercatori hanno osservato che la terapia sostitutiva a base di dopamina nei pazienti affetti da morbo di Parkinson può, in alcuni casi, scatenare un “canto compulsivo”, rafforzando l’ipotesi di un’importante relazione tra il canto e i sistemi dopaminergici alla base del pathway della ricompensa[xix].

Effetti biologici del canto: ossitocina e immunoglobuline

Alcuni studiosi hanno indagato quali possano essere alcuni degli esiti biologici del canto, riportando risultati decisamente interessanti. Per esempio, una ricerca di Grape et al. [xx] ha studiato gli effetti di una lezione di canto della durata di 30 minuti su un gruppo di cantanti amatoriali e professionisti, riscontrando in entrambi i gruppi un significativo aumento dei livelli ematici di ossitocina, conosciuta anche come “ormone dell’amore” e recentemente indicata come uno dei possibili biomarkers dello stato d’ansia (in particolare bassi livelli di ossitocina sembrerebbero correlarsi e predire stati d’ansia nei bambini)[xxi]. Dopo la lezione, oltre agli incrementati livelli di ossitocina, il gruppo degli amatoriali riportava in effetti una sensazione di maggiore gioia e relazionalità, mentre i professionisti erano più orientati su obiettivi canori “tecnici” e badavano meno agli aspetti emotivo-sociali. Tuttavia i cantanti di entrambi i gruppi si sentivano più rilassati ed energici al termine della lezione, suggerendo un effetto ansiolitico ed energizzante da parte del canto.
Altri studi hanno riscontrato che il canto in gruppo sembrerebbe essere correlato ad una maggiore secrezione di s-IgA (anticorpi secretori) congiuntamente ad un incremento di emozioni positive e sensazione di rilassamento[xxii] [xxiii] [xxiv]. Per esempio il gruppo di Beck et al. ha analizzato le concentrazioni salivari di s-IgA nei membri di un coro di professionisti, rilevando – a parità di flusso salivare – un aumento delle concentrazioni anticorpali del 150% durante le prove e del 240% durante la performance, suggerendo che il canto potrebbe avere un effetto immunostimolante.

Prospettive terapeutiche?

Il canto è stato indagato anche come possibile ausilio terapeutico in numerose condizioni patologiche, soprattutto di pertinenza neurologica. In una review di Wan et al.[xxv] sono stati presi in esame gli ambiti clinici in cui il canto trova più frequente impiego e le evidenze scientifiche a sostegno del canto come strumento terapeutico riportando che, per esempio, il canto sembrerebbe essere efficace nel trattamento della balbuzie, favorendo un miglioramento della fluidità del linguaggio[xxvi] [xxvii] [xxviii].
Anche nel morbo di Parkinson il canto sembrerebbe favorire risultati interessanti. Circa l’80% dei malati di Parkinson tende a sviluppare problemi vocali e di linguaggio, in alcuni casi tali da pregiudicare la qualità di vita. E’ stato dimostrato che un protocollo di riabilitazione vocale intensivo conosciuto come Lee Silverman Voice Treatment (LSVT) può essere efficace nel migliorare la produzione vocale dei pazienti affetti da Parkinson[xxix]. Alcuni recenti studi hanno indagato anche il canto come ausilio riabilitativo (in particolare il canto corale), con risultati incoraggianti dal punto di vista del miglioramento vocale, respiratorio e della qualità di vita dei pazienti Parkinsoniani [xxx] [xxxi].
Nell’ambito dell’afasia (possibile devastante complicanza di ictus o di altre tipologie di danni cerebrali, caratterizzata da perdita della capacità di produrre e/o comprendere correttamente il linguaggio) il canto può trovare ancora una volta utile impiego. In particolare, un protocollo chiamato Melodic Intonation Threrapy (MIT) sembrerebbe efficace nel favorire miglioramenti nelle afasie non fluenti (o afasie di Broca)[xxxii] [xxxiii]. Questi tipi di afasie sono causate da danni all’emisfero cerebrale sinistro (dove ha sede l’area di produzione del linguaggio detta area di Broca). E’ stato osservato che pazienti colpiti da afasia non fluente spesso riescono a cantare il testo di canzoni meglio di quanto riescano a recitare le stesse parole. La MIT, attraverso l’impiego di elementi musicali (melodici e ritmici), favorirebbe il recupero del linguaggio sfruttando la neuroplasticità cerebrale e le conservate capacità canore che fanno capo all’emisfero destro[xxxiv] [xxxv] [xxxvi].
Un’altra condizione che potrebbe beneficiare del canto è l’autismo. Esso è un disturbo che si caratterizza per la compromissione più o meno grave dell’interazione sociale e della comunicazione verbale e non verbale. Gli individui autistici hanno tuttavia abilità superiori di processamento uditivo e spesso dimostrano interesse nell’apprendimento musicale[xxxvii] [xxxviii] [xxxix]. Alcune ricerche hanno dato risultati incoraggianti circa l’impiego del canto in bambini e ragazzi autistici ai fini dello sviluppo del linguaggio, con miglioramento clinico e funzionale [xl] [xli] [xlii] [xliii]. In particolare è stato sviluppato il cosiddetto Auditory-Motor Mapping Training (AMMT)[xliv], che mira a favorire la produzione verbale allenando l’associazione tra suoni e azioni articolatorie attraverso il canto e attività ritmico-motorie bimanuali su percussioni. In uno studio di Wan et al[xlv]. l’applicazione dell’AMMT in un gruppo di bambini autistici non verbali ha dato risultati incoraggianti in termini di output vocale, suggerendo un possibile ruolo del protocollo nel favorire lo sviluppo del linguaggio nel soggetto autistico.

L’effetto “ice breaker”

Una delle più recenti e curiose scoperte riguardo al canto è che esso favorirebbe il cosiddetto effetto “ice-breaker”, vale a dire che aiuterebbe a rompere il ghiaccio. Uno studio di Pearce et al. [xlvi] ha indagato la capacità del canto di generare coesione sociale: i ricercatori hanno seguito per un periodo di sette mesi alcuni gruppi di adulti coinvolti in corsi di canto, paragonandoli a gruppi di adulti coinvolti in corsi di altro tipo (artigianato creativo e scrittura). Le classi di cantanti e non cantanti sono state analizzate e paragonate in tre momenti del corso: al primo mese, al terzo mese e al settimo mese rispetto a una serie di parametri quali la soglia del dolore, emozioni positive e negative e il grado di vicinanza e affiatamento percepito con i compagni di corso. Si è riscontrato che sostanzialmente tutti gli aspetti indagati andavano incontro a un miglioramento durante i corsi, indipendentemente dal fatto che si trattasse di corsi di canto o di altro genere. Quello che ha stupito i ricercatori è stata invece la velocità con cui i gruppi di canto hanno creato coesione interna e affiatamento rispetto agli altri gruppi. Nonostante alla fine dei sette mesi i livelli di coesione fossero simili tra le varie classi, i gruppi di canto hanno dimostrato un’impennata del grado di affiatamento già dal primo mese, significativamente maggiore rispetto a quella degli altri gruppi. In questo senso il canto di gruppo ha dimostrato di essere un valido strumento per “rompere il ghiaccio” aiutando a instaurare legami positivi di coesione in breve tempo. Conosce bene questo fenomeno chi ha avuto la fortuna di cantare in un coro o di restare “coinvolto” in una circle song…

In conclusione, non serviva certo la ricerca scientifica per svelare qualcosa che è sotto gli occhi di tutti, cioè che cantare aiuta a stare bene. D’altra parte è venuto prima il saggio adagio “canta che ti passa” di qualsiasi trial scientifico! Certo è che le interessanti conferme (e in alcuni casi scoperte) scientifiche riguardo al potere del canto in ambito bio-fisiologico, clinico e sociale possono aprire nuovi orizzonti di ricerca e di applicazione della voce cantata, ma soprattutto ci ricordano quanto sia difficile smettere di stupirsi e meravigliarsi di fronte a una disciplina così umana, ma anche così magica come il canto.

 

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LA RIABILITAZIONE DELLE FUNZIONI LARINGEE NEL PAZIENTE SOTTOPOSTO A PROLUNGATA INTUBAZIONE AI TEMPI DI COVID-19: QUALI SFIDE CI ATTENDONO?

Uno degli aspetti epidemiologici più duri e preoccupanti della pandemia di coronavirus disease-2019 (Covid-19) è certamente relativo al numero di pazienti che necessitano di supporto ventilatorio, sia attraverso sistemi di ventilazione non invasiva (NIV) sia attraverso ventilazione meccanica invasiva con intubazione tracheale. Dai dati epidemiologici attualmente a nostra disposizione, la percentuale di pazienti positivi al virus SARS-CoV-2 che necessita ventilazione assistita in contesti di terapia intensiva varia dal 10 al 30% a seconda delle casistiche [1,2].

L’intubazione tracheale consiste nell’inserimento di un tubo di ventilazione nelle vie aeree attraverso la bocca (meno frequentemente attraverso il naso), per raggiungere la glottide e la trachea. Il tubo da ventilazione tracheale è generalmente caratterizzato da una cuffia insufflabile posta all’estremità distale, con lo scopo di stabilizzare il dispositivo e sigillare la via aerea.

 

 

La condizione in cui più comunemente si assiste alla procedura di intubazione è quella degli interventi chirurgici in anestesia generale. Tuttavia l’intubazione viene altresì eseguita nelle unità di terapia intensiva o intensive care unit (ICU) nei pazienti che necessitano – per svariate ragioni cliniche – supporto ventilatorio.

Come ogni procedura medica anche l’intubazione orotracheale (IOT), specialmente se prolungata, può condurre alla comparsa di sintomatologia acuta e cronica, nonché alla manifestazione di sequele che richiedono assistenza medica e riabilitativa in seguito alla dimissione.

L’etiopatogenesi delle lesioni laringo-tracheali in caso in intubazione è rappresentata dalla riduzione della perfusione capillare mucosa mediata dalla pressione della cuffia tracheale e dall’inevitabile decubito del tubo endotracheale sulle strutture mucose della laringe (in particolare la zona della commissura posteriore, tra i processi vocali delle aritenoidi) e della trachea [3].

 

Intubazione orotracheale

Posizionamento del tubo endotracheale a livello glottico, visione assiale

 

I sintomi che più comunemente vengono lamentati dai pazienti a seguito di procedure di intubazione sono fastidio/bruciore alla gola, disfonia e fonastenia.

Le lesioni laringee sono molto rare e di minore entità nei casi di intubazioni orotracheali per  procedure chirurgiche [4]. Al contrario, nei casi di intubazioni prolungate in contesti di ICU, le lesioni laringee sono più frequenti, potenzialmente più severe e spesso si associano a problematiche vocali e deglutitorie persistenti [1, 5, 6]. E’ noto infatti che periodi di IOT superiori a 48h sono significativamente associati a comparsa di disfagia e disfonia [7,8]. I pazienti che riportano tali lesioni sono a rischio di sequele funzionali potenzialmente impattanti sulla qualità di vita e sulla salute.

Una recente revisione sistematica di letteratura condotta dal gruppo di ricerca di Brodsky e coll. della John Hopkins University ha preso in esame le evidenze disponibili in letteratura circa le lesioni laringee dopo periodi di intubazione prolungata in terapia intensiva [9]. Gli autori hanno selezionato dalla letteratura disponibile un totale di 9 studi con disegni di coorte o cross-sectional, per un totale di 775 pazienti.

I quadri obiettivi laringei riscontrati dopo estubazione sono stati schematicamente distinti dagli autori in: assenza di lesioni; lesioni di lieve entità; lesioni di entità moderata e lesioni severe.

L’assenza di lesioni laringee è registrata nel 17% dei pazienti. Tra le lesioni mucose di minore entità e di breve durata l’iperemia risulta la più comune, con una prevalenza complessiva dell’82%, seguita dall’edema (70%). L’area interaritenoidea è certamente la più interessata da lesioni da intubazione ed è caratterizzata da edema ed iperemia in circa il 95% dei casi. Tra le lesioni di moderata entità vengono annoverate le ulcerazioni mucose, con una prevalenza del 31% e i granulomi/tessuti di granulazione, osservati nel 27% dei casi. La più frequente delle lesioni severe è rappresentata dal deficit di motilità di una corda vocale, con una frequenza del 21%. Le stenosi glottiche e ipoglottiche sono meno frequenti, con prevalenze del 6% e del 13%, rispettivamente. Le lesioni meno frequenti (5%) sono rappresentate dalle dislocazioni aritenoidee.

Se si considera la percentuale di lesioni laringee stratificata in base alla durata dell’intubazione (<5 giorni, 5-10 giorni, >10 giorni) si apprezza una variazione delle prevalenze, con tendenza all’aumento contestuale all’aumento della durata dell’intubazione (tabella 1).

 

TABELLA 1: tipi ed entità di lesioni laringee in relazione alla durata della IOT (modificato da Brodsky et al) [9] (NB: le percentuali riportate dagli autori sono calcolate sul numero di pazienti che nel novero complessivo degli studi selezionati hanno riportato una certa lesione, ma non tutti gli studi hanno considerato tutte le lesioni riportate.)

ENTITÀ DELLA LESIONE

TUTTI I PAZIENTI <5 GIORNI IOT 5-10 GIORNI IOT

>10 GIORNI IOT

 ASSENZA DI LESIONI

17%

20% 16%

0%

LESIONI LIEVI

(eritema, edema, ecchimosi)

74%

60% 82%

LESIONI MODERATE

(ulcerazioni, granulazioni, fibrina)

31%

24% 33%

100%

LESIONI GRAVI

(paralisi cordali, stenosi, dislocazioni aritenoidee)

13%

8% 18%

14%

 

Per quanto riguarda i sintomi riportati dai pazienti dopo estubazione, la disfonia e il dolore sono i più comuni (76%), seguiti dalla disfagia (49%). Dispnea e stridor sono più rari, con prevalenze del 23% e del 6%, rispettivamente.

I processi fisiopatologici alla base di tali sintomi possono essere spiegati in parte con la presenza di lesioni organiche (edema e flogosi laringea e cordale, granulomi, ulcerazioni) ma anche con alterazioni della sensibilità laringea (e conseguente intorpidimento del riflesso adduttorio cordale), riduzione della forza dei gruppi muscolari coinvolti nella deglutizione, nonché alterazioni della motilità cordale [4, 10-13].

Gli autori della revisione sistematica non rilevano chiare correlazioni tra le caratteristiche del tubo endotracheale (diametro, materiali, forma etc) e rischio di lesioni laringee o di sequele post-estubazione. Probabilmente questo aspetto è da imputarsi alla grande variabilità riscontrata tra gli studi considerati.

Se ci si ferma a riflettere sui dati riportati dagli autori, è ragionevole aspettarsi circa la metà dei pazienti sottoposti a prolungate IOT gravati da problematiche di disfagia, tre pazienti su quattro con problematiche di voce, circa un paziente su cinque con paralisi/ipomotilità cordale. Di fronte a tali numeri, risulta di fondamentale importanza un approccio diagnostico-terapeutico precoce, integrato ed efficace. Se le problematiche di voce correlano essenzialmente con alterazioni della cosiddetta qualità di vita voce-relata, la disfagia a seguito di IOT è una condizione che può minare la salute del paziente. Come già accennato, alcuni autori hanno evidenziato che la probabilità di riscontrare disfagia post-intubazione correla con la durata dell’intubazione (>48h) e con l’età dei pazienti (>65 anni) [7,14].

Vi sono evidenze in letteratura che correlano la presenza di lesioni laringee in esiti di IOT prolungate a peggiori performance deglutitorie [15], inoltre è noto che circa la metà dei pazienti con paralisi cordale unilaterale presenta problemi di penetrazione o aspirazione, con rischio quasi raddoppiato di sviluppare polmoniti ab ingestis [16].

A fronte di tali possibili manifestazioni cliniche, la gestione del paziente sottoposto a IOT prolungata  dovrebbe prevedere un inquadramento diagnostico precoce e l’impostazione di un corretto percorso terapeutico e riabilitativo, che può prevedere l’impiego di farmaci (in particolare glucocorticoidi, inibitori di pompa protonica e alginati), terapie riabilitative (intervento precoce e mirato del logopedista al fine di riabilitare la funzione fonatoria e/o deglutitoria), interventi chirurgici correttivi (medializzazioni cordali, dilatazioni delle stenosi) e terapie riabilitative complementari volte a riparare le funzioni compromesse del paziente, migliorandone la qualità di vita (es. fisioterapia respiratoria, terapie manipolative cervicali) [15, 17-22].

Ad oggi non esistono linee guida validate per la valutazione endoscopica e la gestione del paziente con lesione laringea dopo intubazione prolungata. Tuttavia, a fronte delle evidenze di letteratura a nostra disposizione, la valutazione anatomo-funzionale della laringe andrebbe eseguita sistematicamente e precocemente a seguito di procedure di intubazione prolungata, possibilmente da parte dello specialista otorinolaringoiatra/foniatra e del logopedista,  con tecniche di videolaringoscopia a fibre ottiche e con studio endoscopico della dinamica deglutitoria o FEES (Fiberoptic Endoscopic Evaluation of Swallowing) [18]. Questo permetterebbe di identificare precocemente i pazienti portatori di condizioni problematiche (lesioni laringee e/o disturbi funzionali), stratificarne il rischio clinico ed impostarne il corretto management riabilitativo.

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ORMONI SESSUALI E VOCE: DALL’INFANZIA ALLA SENESCENZA

Marco Fantini, Virginia Zamponi

 

 

La voce: un fenomeno complesso e affascinante, anche da una prospettiva sessuologica

Per dirla con uno dei padri della foniatria Italiana, Oskar Schindler, la voce si può definire come una sonorità (suono, rumore o entrambi) prodotta direttamente o indirettamente dal corpo umano con valenza informativa o comunicativa. Ne deriva che il fenomeno voce è qualcosa di estremamente complesso, che non si limita alla veicolazione di messaggi verbali, bensì può rivestire tutta una serie di funzioni estremamente articolate, quali comunicare l’esistenza, la posizione, le caratteristiche (sesso, età, stato di salute etc) e l’umore del vociferante. La voce può inoltre veicolare messaggi non verbali più “ancestrali” come l’urlo, il richiamo, il corteggiamento; può rappresentare mezzo per guadagnarsi da vivere per tutti coloro che ne fanno un uso professionale e in particolare diventa raffinato atletismo per gli artisti della voce, quali cantanti e attori.

In un’ottica sessuologica, la voce racconta molto di noi, potendo comunicare aspetti riguardanti l’indentità di genere, l’orientamento sessuale e il ruolo di genere del fonante. Può inoltre rivestire ruoli centrali nelle dinamiche del corteggiamento esprimendo attrazione o repulsione sessuale, è fondamentale nella strutturazione delle relazioni sentimentali, nonché nelle relazioni genitore-figlio.

Oltre ad essere un potente veicolo di narrazione sessuologica in senso lato, la voce è a sua volta un target ormonale ed è fortemente influenzata  – lungo tutto il suo sviluppo –  dall’azione di molteplici ormoni, tra cui gli ormoni sessuali.

 

Gli ormoni sessuali

Gli ormoni sessuali fanno parte dei cosiddetti ormoni steroidei, derivanti da un unico comune precursore: il colesterolo. Gli ormoni steroidei comprendono gli ormoni mineralocorticoidi (es. l’ aldosterone), gli ormoni glucocorticoidi (es. il cortisolo), gli androgeni (es. il testosterone), gli estrogeni (es. l’estradiolo) e i progestinici (es. il progesterone). Androgeni, estrogeni e progestinici costituiscono gli ormoni sessuali e sono increti da ghiandole surrenaliche, ovaie nella donna e testicoli nell’uomo (figura 1).

 

Figura 1. La biosintesi degli ormoni steroidei

Dal punto di vista endocrinologico, la produzione degli ormoni sessuali è regolata dal cosiddetto asse ipotalamo-ipofisi-surrene o ipotalamo-ipofisi-gonadi, che si attiva nel corso della pubertà e favorisce la definitiva maturazione dell’organismo in senso femminile o maschile.

La laringe rappresenta uno degli organi sessuali secondari. Come tale è bersaglio biologico degli ormoni sessuali, i quali hanno fortissima influenza su di essa in termini di sviluppo e modificazioni nel corso della vita. Di seguito viene presentata una revisione di letteratura che mira a descrivere le fisiologiche modifiche indotte dagli ormoni sessuali sulla voce, dall’infanzia alla senescenza, in entrambi i generi.

 

Infanzia e “mini-pubertà”

La laringe umana alla nascita misura circa un terzo della laringe di un adulto e  si trova più in alto nel collo, con l’epiglottide posizionata dietro al velo del palato. Ciò permette la contemporanea respirazione e suzione del latte materno da parte del neonato (figura 2).

 

Figura 2. La laringe del neonato: morfologia (sinistra) e dinamica della suzione (destra)

 

La laringe dell’infante ha una configurazione decisamente diversa da quella dell’adulto, con un’epiglottide a forma di “omega”, un lume glottico ellittico e margine inferiore della cartilagine cricoide di forma circolare. I tessuti connettivi sottomucosi della laringe e del vocal tract sono più morbidi ed elastici, con maggiore deformabilità ma al contempo maggiore risposta edemigena in caso di condizioni infiammatorie.

Gli ormoni sessuali giocano un ruolo importante sin dal primo momento dopo la nascita, quando si osserva un incremento di gonadotropine e ormoni sessuali. Questa fase viene chiamata mini-pubertà per via della somiglianza con il periodo puberale. Durante la mini-pubertà i maschi hanno più alte concentrazioni di testosterone circolante, mentre le femmine sono caratterizzate da più alti livelli di estradiolo libero. Alcuni autori hanno studiato l’influenza della mini-pubertà sulla produzione vocale, ipotizzando che i diversi livelli ormonali inter-genere potrebbero spiegare la ragione di peculiari  pattern melodici di pianto sesso-relati (con tendenza a maggior complessità ed articolazione per il sesso femminile o in generale per i neonati con più alti livelli di estradiolo libero), nonché un certo vantaggio del genere femminile nelle prime fasi dello sviluppo del linguaggio (figura 3 ).

Figura 3. Pattern melodici a singolo arco (a) e ad archi multipli (b) da Wermke et al (2018)

 

Pianto di neonato:

Pianto di neonata:

 

Puberta’

La pubertà è un periodo cruciale della vita durante la quale si verificano radicali cambiamenti fisiologici e psicologici. Clinicamente, il primo cambiamento a cui si assiste durante la pubertà è rappresentato dalla comparsa delle caratteristiche sessuali secondarie, in particolare l’ingrandimento testicolare nel maschio e lo sviluppo della ghiandola mammaria nella femmina.

Con la pubertà si verificano importanti variazioni della voce sesso-correlate, caratterizzate da un ingrandimento ed allungamento della laringe, del vocal tract e delle corde vocali. I maschi sperimentano cambiamenti più marcati rispetto alle femmine, con una lunghezza cordale media di 1.6 cm e una lunghezza del vocal tract media di 17 cm,  rispetto ai valori femminili di 1.0 cm e 14 cm rispettivamente.  Presumibilmente, il testosterone ha un ruolo cruciale nel determinare un significativo allungamento e ingrandimento cordale nel maschio durante la pubertà.

Funzionalmente, durante la pubertà si verifica il fenomeno della cosiddetta muta vocale. Al termine di tale fenomeno si assiste ad un aggravamento della frequenza fondamentale (F0) di circa un’ottava nel maschio e di 3-4 semitoni nella femmina. Parallelamente si assiste ad un cambiamento nel range vocale. Durante la muta vocale vengono identificati tre stadi principali: pre-muta, muta propriamente detta e post-muta (figura 4).

 

Figura 4. Fasi della muta vocale maschile e femminile

 

Ciclo mestruale

Il ciclo mestruale è regolato dalle variazioni periodiche dei livelli di ormoni sessuali femminili, nella fattispecie estrogeni e progesterone (figura 5).

Una certa varietà di cambiamenti vocali sono stati descritti durante le diverse fasi del ciclo mestruale. Alcuni autori suggeriscono che la qualità vocale migliore si apprezzi durante la fase ovulatoria, quando gli estrogeni raggiungono il picco. Ciò non sorprende, considerando che gli estrogeni promuovono un incremento della secrezione siero-mucosa delle ghiandole del cover cordale, con conseguente miglioramento della viscosità mucosa; inoltre favoriscono un miglioramento della permeabilità capillare e miglior ossigenazione tissutale. Per contro, spesso le donne lamentano sintomi di alterazione della qualità vocale nel periodo pre-mestruale. I sintomi vocali più frequenti sono rappresentati da riduzione dell’efficienza vocale, riduzione di elasticità, qualità vocale più ariosa e velata, fino a perdita di parti di range tonale acuto, fonastenia, raucedine e problemi di intonazione. L’insieme dei sintomi vocali relativi al periodo pre-mestruale sono noti come disfonia premestruale e sono in genere più marcati in coloro che fanno uso professionale della voce (cantanti professioniste).

 

Figura 5. Rappresentazione schematica delle fasi del ciclo mestruale

E’ interessante come alcuni autori abbiano riscontrato significative similarità tra vetrini istologici di laringi femminili e di cervici uterine. E’ inoltre noto che vi siano recettori per gli ormoni sessuali (inclusi progesterone ed estrogeni) a livello delle corde vocali. Il periodo premestruale, caratterizzato da alti livelli di progesterone, potrebbe favorire  condizioni di maggior desquamazione epiteliale, minor secrezione mucosa e maggiore congestione microvascolare, spiegando così le fluttuazioni vocali caratteristiche di tale fase del ciclo ormonale femminile.

 

Gravidanza

Durante la gravidanza il corpo della donna va incontro a notevoli cambiamenti, sia da punto di vista anatomico che fisiologico. Non si osservano più fluttuazioni ormonali cicliche, bensì vengono continuamente increti alti livelli di estrogeni e progesterone. Anche durante la gravidanza si osservano cambiamenti nella voce, rispondenti alla cosiddetta laryngopathia gravidarum e  legati sia a modifiche del sistema respiratorio che delle corde vocali (figura 6).

Figura 6. Modifiche dell’apparato pneumo-fono-risonanziale in gravidanza

 

Per quanto riguarda il sistema respiratorio, in circa il 20% delle donne si apprezza la cosiddetta rinite gravidanza-indotta, caratterizzata da mucosa nasale congesta ed iperemica, ostruzione respiratoria nasale e  tendenza alla respirazione orale, con conseguente rischio di disidratazione cordale.  Anche il torace va incontro a profondi cambiamenti, variando diametri e circonferenza. Inoltre, il diaframma sperimenta una graduale risalita durante la gravidanza, raggiungendo circa 4 cm di innalzamento a fine gestazione. Di conseguenza, si modificano gli assetti muscolari ed i volumi dinamici respiratori, con possibili conseguenze negative sulle dinamiche di appoggio e sostegno respiratori, nonché su alcuni parametri aerodinamici quali il tempo massimo fonatorio (che tende a ridursi sensibilmente nell’ultimo trimestre).

Considerando le corde vocali, gli alti livelli di progesterone favoriscono riduzione di secrezione mucosa ed aumento della viscosità della stessa, tendenza alla secchezza mucosa e desquamazione epiteliale, nonché congestione mucosa. Di conseguenza anche in gravidanza non è raro andare incontro a sintomi di fatica, pesantezza ed opacità vocale, specialmente nel terzo trimestre.

 

Senescenza

Sia la voce della donna che la voce dell’uomo vanno incontro a cambiamenti nel fisiologico processo dell’invecchiamento. Le alterazioni della voce correlati alla senescenza vanno sotto il nome di presbifonia.

Anche l’invecchiamento vocale è un fenomeno sessualmente dimorfico e fortemente influenzato degli ormoni sessuali, che subiscono variazioni caratteristiche nei due sessi.

Nella donna, dopo la menopausa si assiste ad un brusco calo dei livelli di estrogeni e ad un incremento relativo dei livelli di androgeni. Al contrario, l’uomo va incontro ad un progressivo calo degli androgeni ed un incremento relativo degli estrogeni.

I cambiamenti a livello delle corde vocali  e della voce in senescenza sono quindi diversi nei due sessi. Nelle donne si assiste in genere ad un ispessimento e tendenza all’ edema delle corde vocali, con aumento del contatto glottico in fonazione, riduzione della quota di aria nel suono rispetto alle voci femminili giovani,  aggravamento della frequenza fondamentale della voce e – in un certo senso – virilizzazione del timbro. Al contrario, nell’uomo si assiste ad un assottigliamento cordale per ipotrofia muscolare, riduzione del contatto fonatorio, aumento della quota d’aria nel suono rispetto alle voci maschili giovani, aumento della frequenza fondamentale e femminizzazione del timbro (figura 6).

Figura 6. Modificazioni della voce durante la senescenza

 

Conclusioni

La nostra voce è profondamente influenzata dagli ormoni sessuali, con sostanziali differenze di genere. Essendo così fortemente influenzata dalle fisiologiche variazioni ormonali che si verificano nel corso della vita, la voce riflette in un certo senso anche lo stato del nostro benessere ormonale.

Per i Clinici e più in generale per chi si occupa di voce è quindi importante conoscere le fisiologiche modifiche a cui la nostra voce va incontro nel corso della vita. Ciò potrebbe permettere di  sospettare o identificare precocemente condizioni patologiche alla base di alterazioni del normale sviluppo vocale.

E’ curioso e allo stesso tempo è affascinante pensare che le voci maschili e femminili seguono una sorta di “viaggio” con una parabola che le trova simili nell’ infanzia, le porta a raggiungere la massima diversità dopo l’adolescenza e le accompagna nuovamente a convergere e ad “abbracciarsi” nel periodo della senescenza.

 

 

Riferimento bibliografico:

Zamponi V, Mazzilli R, Mazzilli F, Fantini M. Effect of sex hormones on human voice physiology: from childhood to senescence. Hormones (Athens). 2021 May 28. doi: 10.1007/s42000-021-00298-y. Epub ahead of print. PMID: 34046877.

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ANCHE LE VOCI DELLE SUPERSTAR VANNO… DAL CHIRURGO

In una recente review retrospettiva il Dr. Steven M. Zeitels, otorinolaringoiatra e fonochirurgo di fama mondiale, ha descritto i casi di “voci superstar” incontrate nella sua lunga carriera. In particolare, il chirurgo statunitense racconta attraverso un’affascinante iconografia endoscopica la sua esperienza di fonochirurgia su 18 vincitori di Grammy Awards, tra cui Steven Tyler e Adele. 

Negli esami obiettivi di questi celebri pazienti vengono riportate riduzione dell’elasticità della lamina propria in 15 casi su 18; varici/ectasie capillari esitanti in emorragie cordali in 6 casi, polipi cordali in 9 casi; lesioni nodulari fibro-vascolari in 6 casi; 1 caso di granuloma aritenoideo; 4 casi di cicatrici da pregresse fonochirurgie esitanti in rigidità della lamina propria superficiale; 4 casi di sulcus o cicatrici da fonotrauma cronico esitanti in rigidità della lamina propria superficiale; 1 caso di cisti benigna; 2 casi di precancerosi e 2 casi di carcinoma invasivo. Delle 50 lesioni diagnosticate, solamente il 10% era rappresentato da neoplasie (benigne o maligne) mentre la grande maggioranza restante (90%) era rappresentata da lesioni acquisite correlate principalmente a fonotrauma (acuto o cronico). 

Polipo cordale emorragico

In tutti i casi descritti un’attenta e meticolosa fonochirurgia, accompagnata da un programma di riabilitazione logopedica post-operatoria e di una graduale ripresa degli impegni canori con la supervisione di esperti vocal trainers, ha consentito ai performers di proseguire l’attività artistica e di non interrompere la carriera. L’autore rimarca quanto sia importante – per l’otorinolaringoiatra che si occupa di chirurgia della voce – l’approfondita conoscenza della complessa struttura anatomica della lamina propria della mucosa cordale, caratterizzata da 3 strati con diversi ruoli e consistenze: lo strato superficiale, di consistenza gelatinosa (spazio di Reinke); lo strato intermedio (elastico) e lo strato profondo (fibroso) costituenti il legamento vocale. Il rispetto dell’anatomia della lamina propria – in particolare della parte superficiale, a volte sottovalutata – è considerato dall’autore la chiave del successo per la microchirurgia della voce.

 

Strati istologici della corda vocale

➡️ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/…

 

 

CASI CLINICI – Fonochirurgia

Intervento di laringoplastica iniettiva con acido ialuronico cross-linked eseguito in microlaringoscopia diretta per paralisi cordale sinistra a seguito di pneumonectomia sinistra.

 

Intervento di laringoplastica iniettiva con acido ialuronico cross-linked eseguito con tecnica fiber-endoscopic phonosurgery (FEPS) in anestesia locale per paralisi cordale sinistra a seguito di tiroidectomia.

 

Intervento di exeresi di neoformazione polipoide cordale sinistra in microlaringoscopia diretta in sospensione

 

Trattamento di disfonia spasmodica adduttoria tramite infiltrazione cordale di tossina botulinica con tecnica FEPS in anestesia locale.

 

Exeresi fonochirurgica di edema di Reinke severo in microlaringoscopia diretta con laser CO2.

 

Lisi di sinechia laringea anteriore con laser CO2 a fibra in anestesia locale con tecnica FEPS